La Rivista

vamente recente e favorita dagli Istituti Metereologici di tutto il mondo (si veda per esempio l’abitudine di dare i nomi di persona agli uragani negli Stati Uniti) per finanziare le proprie ricerche, ma mi piacerebbe conoscere i criteri storico-culturali che stanno alla base di queste scelte onomastiche. Quando arriverà la tempesta “Napoleone” sull’Europa? “Giulio Cesare” potrebbe essere un ciclone che si abbatte sulla Francia (ex-Gallia)? E i dittatori del Novecento avranno nella denominazione delle disgrazie metereologiche, dopo aver causati già tanti danni con guerre e persecuzioni di ogni tipo? Che cosa direbbe il famoso Colonnello Bernacca che, fino a qualche decennio fa, parlava in modo pacato di “isobare” e “anticicloni delle Azzorre” di fronte a tutto questo? Ma uno degli stereotipi che più resistono, almeno tra le popolazioni celto-germaniche che mi hanno accolto da decenni, è quello che riguarda il rapporto tra i popoli del Mediterraneo con il caldo. Da anni, infatti, mi sento dire dai miei amici di lingua tedesca frasi del tipo “tu sei italiano, dovresti amare il caldo!”. Io rispondo semplicemente che sono nato tra le Dolomiti, quindi… Un altro tipico luogo comune è quello che vede i Paesi del Mediterraneo, e quindi anche l’Italia, come luoghi allegri e pieni di vita, abitati da gente spensierata. Qui le persone si ritrovano in strada, in piazza o davanti ai bar, dove socializzano tra loro, magari la sera dopo una lunga siesta pomeridiana perché fa troppo caldo. Ambienti claustrofobici e italica spensieratezza Bene! Tutto bello, ma avete notato gli edifici che fanno da contorno a questi luoghi pubblici? Molti sono chiusi e bui. Mi sembrano ambienti claustrofobici che, apparentemente, non hanno nulla a che fare con la “spensieratezza” italica. Personalmente amo avere luce naturale in casa, voglio le serrande sempre spalancate in estate e dormo con la finestra aperta anche in inverno. In questo posso definirmi tranquillamente un nord-europeo. Credo che la mia sia una naturale reazione a quello che ho vissuto in passato. La casa della mia infanzia e della giovinezza in una cittadina ai piedi delle Dolomiti, per esempio, è freddissima in inverno e caldissima in estate. Si tratta di una villa costruita agli inizi degli anni Settanta con criteri di isolamento termico molto diversi rispetto a quelli esistenti oggi. Chiudere porte e finestre, per non fare entrare gli spifferi d’aria e la polvere era una raccomandazione costante dei miei genitori. Con il tempo ho scoperto che non ero l’unico a trovarmi in questa situazione. Quando andavo a trovare i miei amici ho passato giornate in stanze buie e gelide, perché i loro genitori non ritenevano necessario riscaldare la casa per risparmiare schei del gasolio, oppure in ambienti caldissimi, perché i veci avevano paura che prendessimo il raffreddore con le correnti d’aria. Bisognava serar el balcon de casa! E basta! La situazione presso i miei parenti nel Sud non era migliore. Quando ero bambino, dopo il bagno mattutino al mare, ho trascorso i pomeriggi delle mie vacanze estive dai nonni con le serrande abbassate per non far passare il caldo torrido. Le ore erano interminabili e venivano scandite dall’orologio a pendolo nel grande salotto buono che, tra l’altro, aveva le poltrone ancora rivestite in plastica, per non farle rovinare. Solo al tramonto, quindi verso le 20.00, il nonno mi autorizzava ad aprire tutto quanto, giusto per fare entrare in casa nugoli di zanzare e insetti di ogni tipo, mentre le cicale smettevano di frinire. Ma a quell’ora i nonni mi portavano anche a fare una passeggiata in piazza dove mi compravano pizzette, panzerotti e gelati… giusto per rientrare nei luoghi comuni che molti amano. Non far entrare la luce del sole specie nelle ore pomeridiane è un modo per proteggersi dalla calura estiva La Rivista · Settembre 2023 63

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