La Rivista

Chiudete serrande e finestre! E non fate entrare l’aria calda! Attenzione all’afa! Proteggetevi dalla canicola estiva! Non lasciate entrare la luce del sole nelle ore pomeridiane! Si tratta solo di alcune raccomandazioni che ho sentito nelle scorse settimane un po’ ovunque. Perfino nella composta Svizzera, ormai, non si fa altro che parlare di ondate di calore che durano intere settimane, sfiancando quasi tutti. La Rivista La Lingua batte dove... Una specie di rito propiziatorio Credo anche che le applicazioni metereologiche dei telefonini siano diventate tra le più utilizzate in assoluto. Consultare costantemente le previsioni del tempo, magari seguendo cartine geografiche che si colorano in vario modo in base alla temperatura, alla quantità di pioggia o alla tipologia dei temporali, è diventato per molti una specie di rito propiziatorio per scongiurare o favorire eventi fuori dalla nostra portata. Io, per esempio, quando fa molto caldo osservo il tempo che c’è nello stesso momento in Irlanda o in Scozia e mi “rinfresco” un po’. In questo modo, infatti, mi ricordo delle bellissime vacanze estive passate qualche anno fa, indossando il pullover e l’impermeabile tra le ventose scogliere del Connemara e nelle brume delle brughiere nelle Highlands, mentre il resto dell’Europa centrale e meridionale pativa un caldo pesante e fastidiosissimo. Parlare delle condizioni del tempo è sempre stato uno degli argomenti preferiti di discussione tra le persone. In genere ci si lamenta sempre di qualcosa che non va: troppo caldo, troppo freddo, non ci sono più le mezze stagioni e altre frasi banali simili. Negli ultimi anni, inoltre, il confronto si è trasformato in un vero e proprio scontro ideologico tra chi nega i cambiamenti climatici e chi, invece, da decenni cerca di dimostrare la connessione tra le attività umane e l’alterazione dell’ecosistema in cui viviamo. Spesso si fa anche confusione tra previsioni del tempo, a breve termine e in una determinata porzione di territorio, e le proiezioni climatiche globali, a lungo termine e basate su calcoli scientifici. E così, con il libero accesso alle informazioni di ogni tipo consultabili in rete, ognuno ormai si sente in diritto di sentirsi un esperto di Climatologia e Meteorologia per parlare in modo “competente” di certe cose al bar, al supermercato o nella grande piazza della rete informatica. Stereotipi e luoghi comuni Eppure, nonostante la valanga di informazioni a nostra disposizione, noto che certi stereotipi resistono nel tempo. In Italia, per esempio, mi fa molto ridere l’usanza di dare un nome di personaggi mitologici o storici dell’antichità per definire manifestazioni metereologiche negative: Caronte che porta le anime dei morti nell’Ade, Nerone che (secondo le dicerie degli storiografi romani) fa incendiare Roma, Cerbero che fa la guardia agli Inferi, Poppea amante degli intrighi, Attila il flagello di Dio, ecc. Sono nomi evidentemente dati per fare paura alle persone, ma si potrebbe anche discutere sui criteri che portano a certe scelte. So che si tratta di un’usanza relatidi Raffaele De Rosa La Rivista · Settembre 2023 62

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