La Rivista

un giorno o l’altro le autorità comunali decidessero di riconvertirlo in un’area ludica riservata ai quadrupedi. Cani “antropomorfizzati”? Nel maggio scorso ha fatto discutere un intervento di uno dei più autorevoli personaggi del globo - parlo di Papa Francesco - che ha raccontato con la consueta aspra semplicità due esempi per lui riprovevoli della relazione umano-canina. Il primo riguardava una donna che trasportava il suo pet in un passeggino per bimbi e il secondo un’altra signora che durante un’udienza collettiva ha spalancato la borsa contenente un cagnolino chiedendogli di benedire la sua creatura (magari tutta infiocchettata per l’occasione di bianco e giallo, immagino io). Pare che Bergoglio non solo si sia rifiutato, ma abbia colto l’occasione per apostrofare la proprietaria con una strigliata del tipo “Con tanti bambini che hanno fame, lei pensa al cagnolino?!” Faccio fiducia al noto e stimato giornalista, Massimo Gramellini, sull’autenticità dell’episodio, prendendo nota al contempo che ha avuto l’ardire di polemizzare addirittura con il Sommo Pontefice, sollevando dubbi sull’equazione papale “più amore ai cani uguale meno amore ai bambini”. A mio modo di vedere (che sfrontata sono, visto che mi accingo a dire la mia dinanzi a “cotanto senno”!) la schermaglia tra i due illustri contendenti è frutto più di una vis polemica che di una divergenza sostanziale. Gli esempi citati non si prestano tanto alla discussione su chi debba ricevere più amore fra i cani e i bambini, quanto piuttosto alla riflessione sugli evidenti eccessi della cosiddetta antropomorfizzazione dei cani da compagnia (di per sé compatibile sia in teoria che in pratica con l’affetto per figli e nipoti). Cosa si intende con tale termine? Ci si riferisce all’esigenza di noi umani di attribuire nostre qualità e nostri bisogni ad animali (o altre entità). Con i cani ciò avviene spesso. Ad esempio, allorché si proiettano sugli amici a quattro zampe gusti e desideri tipici dell’umanità consumistica odierna, e si crede di contribuire alla loro felicità e al loro benessere dotandoli di cappottini griffati, di collari dorati o, appunto, facendoli benedire dal papa. Ciò sebbene molti esperti cinofili non si stanchino di ricordare che il nostro amico quadrupede ama soprattutto scorrazzare e rotolarsi in superfici erbose magari anche un po’ fangose, rosicchiare vecchie ciabatte e alimentarsi con cibi assai diversi dalle dilaganti crocchette. Se mai si mostra contento quando gli infiliamo costosi ornamenti non è certo per la prestigiosa griffe dell’oggetto di cui l’umano va fiero, ma per l’espressione compiaciuta del padrone accompagnata immancabilmente da un qualche gustoso bocconcino. Utilizzando il termine “padrone” mi inoltro nel territorio delicato del linguaggio attraverso il quale non di rado si vuole assimilare la relazione con il proprio cane a quella tra umani, in particolare di tipo genitoriale. È sempre più diffuso l’uso di attribui re agli amici a quattro zampe nomi propri da secoli utilizzati solo per gli uomini e donne: i Fido e le Fuffi di un tempo diventano così Dario e Greta ai giorni nostri. Nel rivolgersi a loro si usano frasi quali: vieni dalla mamma, ubbidisci al papà, fai il bravo, che bambino birichino sei! Il cane: un essere superiore per certi aspetti? Sappiamo tutti che i cani battono gli esseri umani sul piano di certe Dovrebbero indurre in riflessione gli evidenti eccessi della cosiddetta antropomorfizzazione dei cani da compagnia La Rivista · Settembre 2023 59

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