La Rivista

lori, sotto la spinta dei partiti politici e della stessa Chiesa, si andarono formando in Italia nuove classi sociali che reclamavano non solo miglioramenti economici, ma anche la partecipazione alla gestione politica del Paese. Fu sotto quella spinta che lo Statuto andò allora sempre più trasformandosi con integrazioni che giunsero alla concessione dei diritti democratici, compreso quello di sciopero, ed un primo parziale allargamento dei criteri per l’attribuzione del diritto al voto (1882). Nel 1912, una legge promulgata da Giovanni Giolitti concedeva il diritto di voto agli gli uomini di almeno 21 anni di età, che sapessero leggere e scrivere, ed agli analfabeti di almeno 30 anni, che avessero compiuto il servizio militare. Era quello il periodo in cui si parlava di vero e proprio suffragio universale, cioè di concedere il diritto di voto anche alle donne. Ma la discussione fu interrotta sul nascere. Con l’avvento del fascismo, Benito Mussolini, in violazione dello Statuto, procedette metodicamente alla trasformazione dello Stato da costituzionale in totalitario, fondando una dittatura personale con la quale dirigere e regolare ogni attività dei cittadini. Furono sospese tutte le libertà ed aboliti i partiti politici ed i sindacati dei lavoratori. Con la nuova riforma elettorale i canditati alla Camera, i senatori erano ancora di nomina regia, dovevano essere designati da particolari enti statali ed il popolo era chiamato a confermare quelle scelte con elezioni-farsa con schede sulle quali il «Sì» era già stato prestampato. Il ventennio fascista fu il più oscuro periodo della storia dell’Italia moderna. Ecco perché la lotta contro il fascismo si propose conseguentemente, come primo obiettivo, la riconquista delle libertà democratiche e quindi la restituzione ai cittadini di tutte quelle prerogative che la dittatura aveva loro tolto, aggiungedovene altre che la maturità dei tempi esigeva. Repubblica e Costituente L’antifascismo ebbe dunque l’importante ruolo di battersi per la liberazione nazionale e sociale degli italiani. Fu per questo che, a guerra finita, gli italiani furono chiamati alle urne per decidere sulla forma di governo del nuovo Stato e per eleggere contestualmente un’Assemblea Costituente, che avrebbe dovuto dare una nuova Carta all’Italia democratica. Fu sotto il primo Governo De Gasperi che, il 2 giugno 1946, le italiane e gli italiani furono chiamati alle urne per un Referendum sulla scelta a suffragio universale tra Monarchia e Repubblica. La maggioranza scelse la Repubblica con 12.717.923 voti contro i 10.719.284 di voti dati alla Monarchia. Umberto II di Savoia, divenuto re in seguito all’abdicazione del padre Vittorio Emanuele III, dopo solo 35 giorni di regno, il 13 giugno, lasciava l’Italia per andare in esilio in Portogallo. L’Assemblea costituente eletta dai cittadini fu incaricata di procedere alla stesura di una Costituzione ed all’elezione del Capo provvisorio dello Stato, alla cui carica fu chiamato per due anni Enrico De Nicola insigne giurista napoletano. L’Assemblea costituente comprendeva 556 deputati divisi in dieci gruppi parlamentari, non solo di sinistra e di centro, che si equilibravano, ma Il primo Presidente della Repubblica Enrico De Nicola firma il testo della Costituzione (1° gennaio 1948). La Rivista · Settembre 2023 45

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