3. L‘operatività degli istituti svizzeri verso l‘Italia Volendoci qui concentrare sulla sola prospettiva dell’operatività nei confronti della clientela retail (disciplinata, almeno parzialmente, in maniera diversa rispetto alla clientela istituzionale e professionale), va notato che il legislatore italiano si è avvalso dell’opzione – più restrittiva – consentita dalla MiFID II, prevedendo, in sede di recepimento, l’obbligatorietà, per la banca o l’impresa proveniente da uno Stato terzo, dello stabilimento di una succursale, previa autorizzazione da parte della CONSOB, sentita la Banca d’Italia. Tale autorizzazione preventiva è, tuttavia, condizionata al fatto che tra le autorità di vigilanza del Paese terzo di provenienza e quelle dello Stato membro UE ospitante siano in vigore “accordi di collaborazione” che comprendano disposizioni relative allo scambio di informazioni. L’assenza di un siffatto accordo tra le autorità di vigilanza svizzere e italiane ha reso, tuttavia, sinora impraticabile anche tale soluzione. Rispetto alla questione dello stabilimento della succursale, e alle problematiche connesse, si pone l’alternativa della c.d. “reverse inquiry” (o reverse solicitation): in sostanza, le norme MiFID non dispongono un divieto assoluto rispetto all’instaurazione di rapporti, relativi a servizi finanziari, tra clienti europei e imprese di Paesi terzi. Infatti, il divieto si riferisce ai servizi prestati su iniziativa o su impulso dello stesso prestatore estero. In sostanza, sfuggono a tale divieto i casi in cui la relazione con il cliente si instauri in mancanza di attività, in senso lato, promozionali poste in essere vigore lo scambio automatico di informazioni tra la Svizzera e gli Stati membri dell’Unione Europea. Da allora, gli istituti finanziari rilevano i dati relativi ai conti finanziari dei contribuenti italiani e, corrispettivamente, gli istituti finanziari italiani fanno altrettanto nei confronti dei conti dei contribuenti svizzeri. In tal modo le autorità fiscali dei due Stati si scambiano reciprocamente le informazioni. Quanto agli altri temi oggetto della roadmap, il tema della fiscalità dei lavoratori frontalieri ha trovato assai di recente una – pur alquanto sofferta – soluzione, tramite il nuovo accordo sottoscritto nel 2020 ed entrato in vigore poche settimane fa2. Tali sviluppi hanno consentito di sbloccare positivamente anche il dossier relativo alla cancellazione della Svizzera dalle black list fiscali italiane, ciò che porterà a una normalizzazione dei rapporti tra i due Paesi a partire dal prossimo periodo fiscale 20243. Sorprendentemente, dunque, i maggiori passi verso l’attuazione delle linee programmatiche espresse nel 2015 si sono fatti con riferimento alle tematiche di natura tributaria che, per decenni, hanno costituito un tabù nelle relazioni italo-elvetiche. A questa epocale rivoluzione non si è, tuttavia, accompagnato un pari progresso circa il tema dei servizi finanziari transfrontalieri. Infatti, l’Italia, nel contesto dell’attuazione della direttiva europea MiFID II4, entrata in vigore nel gennaio del 2018, ha mantenuto un approccio particolarmente restrittivo rispetto all’accesso al mercato degli operatori dei Paesi terzi. L’accordo, benché per il momento abbia una portata limitata, fornisce lo spunto per una riflessione sullo stato dell’arte rispetto al tema dell’accesso al mercato italiano da parte degli operatori finanziari elvetici La Rivista · Settembre 2023 23
RkJQdWJsaXNoZXIy MjQ1NjI=