La Rivista

cupazione era del 3,8% negli Stati Uniti e del 5,2% in Cina. In luglio era del 6,4% nell’Eurozona, del 4,3% nel Regno Unito, del 2,7% in Giappone. Se è vero che nonostante il rallentamento economico c’è stata una tenuta complessiva superiore alle attese per molti mercati del lavoro, è anche vero che la Confederazione va meglio di molti altri e continua a rimanere nel gruppo di testa dei Paesi a basso tasso di disoccupazione. I tassi di interesse Tornando al versante dell’inflazione e dei tassi di interesse, occorre dire che la pausa decisa in settembre dalla Banca nazionale svizzera non è l’unica. Prima della BNS è stata l’americana Federal Reserve a sospendere i rialzi dei tassi, negli stessi giorni. E in contemporanea con la BNS è stata la Banca d’Inghilterra ad annunciare la stessa mossa. Gli istituti centrali vogliono far scendere l’inflazione - l’obiettivo per molti è ridurla al 2% in media annua, la BNS, come detto, punta alla fascia 0%- 2% - e alzando marcatamente i tassi in funzione anti rincaro nell’ultimo anno hanno ottenuto alcuni successi. Ora la battaglia non è conclusa, ma gli istituti devono prestare attenzione al fatto di non esagerare con i rialzi dei tassi, devono tener presente insomma anche le situazioni specifiche delle varie economie. Ciò spiega perché ogni banca centrale ha i suoi tempi e i suoi modi, pur all’interno di linee che sono comunque anti inflazione. La Banca centrale europea (BCE) dal canto suo non ha sospeso i rialzi dei tassi e a metà settembre ha deciso di alzare ancora di un quarto di punto il tasso di riferimento sull’euro, portandolo al 4,5%. La Federal Reserve americana è invece rimasta ad un tasso di riferimento sul dollaro al 5,50%, la Banca d’Inghilterra a sua volta ha lasciato il tasso di riferimento sulla sterlina al 5,25%. La BNS ha pure appunto lasciato invariato il tasso di riferimento sul franco, all’1,75%. Tutte le maggiori banche centrali, comprese quelle che non hanno alzato ulteriormente i tassi, hanno comunque affermato che la lotta ai rincari non è terminata e che dunque sono pronte ad effettuare altri ritocchi all’insù se le dinamiche dei prezzi lo renderanno necessario. Un tasso di interesse più alto in linea di principio dà un vantaggio ad una moneta, perché questa è in grado così di offrire un rendimento superiore agli investitori. Ma si tratta di una regola che conosce molte eccezioni, perché ci sono in effetti anche altri fattori in campo. Può essere comunque interessante cercare di capire se e come le mosse delle banche centrali in settembre potranno riflettersi in modo chiaro sul valore delle rispettive monete oppure no, sapendo appunto che occorre tener presente anche l’andamento delle rispettive economie, elemento che pure incide non poco sui cambi. Sulla base dei dati di settembre, appunto, si può dire che l’euro nei dodici mesi precedenti ha riguadagnato terreno sul dollaro USA, fermandosi però durante l’estate. Il fatto che la BCE abbia nuovamente alzato il tasso sull’euro e che invece la Fed non l’abbia fatto potrebbe dare un vantaggio alla moneta unica europea, però ci sono da considerare altri elementi: è vero che si potrebbe andare verso un tetto al rialzo dei tassi e che la distanza Fed-BCE in settembre si è ridotta, ma la banca centrale americana ha avuto comunque un tasso più alto; inoltre, la resilienza dell’economia USA è nella fase maggiore di quella dell’economia dell’Eurozona. Ci sono quindi fattori che si confrontano e tutto ciò potrebbe portare, secondo molti esperti, a oscillazioni limitate per l’euro/dollaro nella parte finale del 2023, e semmai ad un lieve vantaggio per la valuta USA. Il percorso del franco Il franco svizzero nel corso del 2023 ha guadagnato terreno sul dollaro e sino a settembre è rimasto sostanzialmente stabile sull’euro, rispetto al quale era però salito nella fase precedente. Il fatto che la BNS abbia deciso per una pausa nel rialzo dei tassi potrebbe dare un vantaggio all’euro, che ha incassato invece il nuovo rialzo BCE, rispetto al franco. Ma anche su questo versante molti esperti ritengono che difficilmente ci possa essere nell’ultima parte dell’anno un forte recupero dell’euro, e questo per due motivi principali: la BNS in questa fase vuole il franco ben forte, come fattore anti inflazione, e ha ribadito di essere disposta a anche a vendere valute estere per attuare la sua linea; la resilienza dell’economia svizzera nel 2023 è stata migliore di quella dell’Eurozona. Per quel che riguarda il cambio dollaro/ franco, pure può avere un peso non secondario la linea della BNS, e questa è la ragione per cui molti esperti prevedono una sostanziale stabilità in questa fase nel cambio tra la valuta USA e quella elvetica. La Rivista Elvetiche La Rivista · Settembre 2023 13

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