La Rivista

scende dagli altipiani verso sud, ma il trasferimento avviene su gomma, rapido e quasi senza storia. Sulla via dei formaggi Lungo l’Appennino Umbro- Marchigiano, dalla Valnerina fino a Norcia, si arriva ad Amatrice e poi sui Monti della Meta, nell’Aquilano: qui si trovano pecorini dal gusto intenso e dalla pasta friabile nella versione stagionata. Le frontiere più recenti del pecorino, nei dintorni di Norcia e Cascia, si compongono della versione al tartufo nero o stagionata nelle foglie di noce. Il gusto deciso caratterizza anche il Pecorino di Amatrice , che secondo tradizione, si produce nel periodo da aprile a luglio con latte non pastorizzato. I prodotti dell’area abruzzese si distinguono per la transumanza delle greggi, che per secoli si spostavano sino alla Capitanata, in Puglia. I pecorini abruzzesi possiedono l’aspetto esterno forgiato del canestro, dove viene riposto il formaggio appena prodotto. Il pecorino abruzzese è giustamente rinomato, per la qualità del latte, per l’abilità dei casari, per la varietà dei cagli. Il più famoso, quello di Farindola , usa l’epitelio dello stomaco del maiale, ben lavato, tagliato piccolo piccolo, poi messo a bagno nel vino Cerasuolo con sale e pepe per una macerazione di almeno 3 mesi. Sono inoltre da citare i pecorini sott’olio, i migliori sono quelli casalinghi e certi formaggi freschi, come giuncate e giuncatelle, messi a sgrondare nei canestri. Le scamorze appassite vengono arrostite sulla piastra, l’agnello a cacio e uova si cuoce in casseruola, pizze al formaggio, ragù di carne: in ogni caso il formaggio completa il piatto. Un po’ di storia antica La produzione del formaggio è intimamente legata all’allevamento del bestiame; la pastorizia in particolare, la prima attività dell’uomo dopo la caccia e la raccolta, precede la nascita dell’agricoltura. All’inizio sono piccole greggi composte di pecore o capre, mentre i bovini giungono molto più tardi, che forniscono latte per un consumo familiare e immediato. In seguito, quando nasce l’agricoltura, sorgono gli insediamenti dei villaggi e delle città, il latte diviene merce di scambio e bisogna conservare quello eccedente. Questo avviene con la produzione di una bevanda acidificata per opera della microflora microbica che dai pascoli è portata ai villaggi in otri di stomaco animale o di pelle. Sicuramente la prima trasformazione del latte praticata nei tempi antichi è simile al kumis , citato da Erodoto e Senofonte, o al bulgaro kefir dal quale deriva l’attuale yogurt . Parrebbe che l’invenzione dei latti acidi si debba ai pastori che circa 18.000 anni fa popolavano la Mesopotamia. Alcuni studiosi ritengono che i tartari, i tibetani e i persiani furono i primi a cimentarsi strutturalmente nell’arte casearia, ma non esistono documenti sicuri. Al momento la fonte più antica che testimonia con particolare precisione le fasi di lavorazione del latte è un bassorilievo sumero datato III millennio a. C. Nel Fregio della latteria , questo è il nome attribuito all’epigrafe, sono rappresentati dei sacerdoti impegnati nella lavorazione del latte. Dal latte acido prende avvio la produzione dei primi formaggi molli, consumati esclusivamente freschi. È nel 5.000 a.C. che in Italia si diffonde l’allevamento di ovini e caprini. Fonti archeologiche permettono di datare nel 2.800 a.C. l’inizio della produzione di un formaggio molle. 3.000 anni fa circa vi sono formaggi stagionati e duri, come quelli prodotti da Polifemo e dettagliatamente descritti da Omero nell’Odissea, o quello che Macaone fa grattugiare nel vino come racconta sempre Omero nell’Iliade. A questo punto i formaggi divengono alimenti caratterizzanti tutta la vasta area mediterranea e si differenziano in un’ampia varietà di tipi. Anticamente era una sorta di modus operandi. Il pastore si spostava continuamente perché doveva cercare del foraggio naturale per le proprie greggi. Difatti, la vegetazione appenninica, in particolare, è adatta all’alimentazione degli ovini quanto lo è il foraggio che si falcia nelle sottostanti pianure. In passato, Lavorazione del formaggio fresco La Rivista · Marzo 2023 93

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