La Rivista

si aspettano dal futuro. Il risultato è di grande freschezza e genuinità (anche grazie alla camera – di Ilya Sapeha - capace di catturare espres- sioni e movenze che spesso raccon- tano quanto la parola) e presenta alcuni temi ricorrenti, che vanno dalla disillusione al bisogno di fuga, di riscatto da realtà avvertite come asfittiche, dal richiamo dell’altrove rispetto a un paese - e sono ahinoi in molti a dirlo – che sembra incapace di offrire prospettive dignitose (non a caso il tema della politica, nazio- nale e internazionale, è praticamen- te assente). E come dargli torto, con- siderato che il nostro è l’unico paese dell’Unione europea in cui lo stipen- dio medio dei lavoratori nell’ultimo trentennio è diminuito anziché au- mentare, e in cui “ i nati dopo il 1986 hanno il reddito pro-capite più basso della storia italiana ” (Mariangela Tessa su Wall Street Italia) . Andarsene per cambiare e magari per tornare Per cambiare bisogna dunque andarsene, magari anche per torna- re, perché come afferma un ragazzo romano, “ nessuno che abbia vissuto solo in Italia può cambiare l’Italia… credo che la cosa più patriottica che si possa fare sia mandare tuo figlio a studiare un po’ fuori ”. Emerge inoltre il comune sentire circa l’importanza di studiare, ma anche un’incertezza sul futuro che sembra endemica, e che a volte diventa vera e propria ambascia. (dice un ragazzo di Da- nisinni, quartiere palermitano: “ se devo pensare al giorno dopo non poso farmi un’idea concreta perché potrebbe accadere di tutto ”). Si parla poi di social, di ingiustizia sociale e discriminazione (ad esempio riguar- do al gender: “ quando ti ci abitui, diventi ignorante anche tu ” dice una napoletana della località Marianel- la), ma anche delle scarse possibilità per sport diversi dal calcio (benché quello del calciatore resti un model- lo ambito). Sono spesso riflessioni semplici, a volte tranchant (come dice uno studente “ adesso non si può più credere in Dio, allora crediamo in noi stessi ”). E c’è poi la DAD, e tutti i danni creati dal lockdown . Il film include - creando così un dialogo con - interviste d’archivio (con spezzoni di opere di Mario Sol- dati, Luigi Comencini, Gianfranco Mingozzi), il che fa pensare a Comizi d’amore (1965), quello straordinario documentario di Pasolini che girava per l’Italia a parlare con i “giovani” di temi anche scabrosi per l’allora buon costume quali la sessualità, l’amore e la morale, immortalando una va- rietà di differenze linguistiche, dia- lettali e di mentalità. Del pari Futura diventa, anzi è già, documento. Un valore aggiunto di cui sono giusta- mente consapevoli gli autori; “ Senza rendercene conto - dice Rohrwacher - questo film diventava il diario di uno stato d’animo contagiato ” ed è questa la forza documentale di un’o- pera che pone(va) al centro la voce di quanti, più di altri, per quel loro essere intermedio, e dunque anche fragile, hanno sofferto delle restri- zioni conseguenti alla pandemia. Così, “ camminando di pari passo tra il futuro dei giovani e una pandemia che ne mutava sogni e umori” Futu- ra diventa un diario di bordo dell’Ita- lia a venire, “ un archivio ”, per citare dalle belle parole a alla fine del film, “ che interroga il futuro ”. Visions du Réel, Festival international de cinéma Nyon, 21.– 30 April Il programma è in parte visibile in streaming anche su: visionsdureel.ch Alcune delle giovani protagonista di Futura (2020) un viaggio tra i giovani italiani alla scoperta di come immaginassero il futuro La Rivista · Marzo 2023 75

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