La Rivista
le da madre italiana e padre tedesco, studia a Torino e Lisbona e inizia a lavorare per il teatro e la radio: quest’ultimo le sembrava il mezzo più adatto prima di scoprire la sua passione per il cinema, cominciando come montatrice di documentari. Ed è un documentario molto particolare la sua prima opera, Un piccolo spet- tacolo (2005), codiretto con Pier Pa- olo Giarolo. Si tratta di un omaggio a Soluna, un piccolo circo itinerante, tuttora in attività, composto da una famiglia di origine tedesca con sei figli che viene raccontato in un suo viaggio attraverso l’Italia. Il film, che inizia in bianco e nero per poi dare spazio ai colori degli spettacoli, ai volti dei paesani e ai momenti più intimi della vita nomade del circo, avvolge con una patina d’antan la narrazione di ciò che ancor oggi sa regalare l’arte circense, rinnovando una festa collettiva che richiama un’intera comunità – come ben sapeva, ad esempio, Fellini. Tra mu- sica, giocoleria, teatro e commedia dell’arte, il circo Soluna ci appare nel suo making off , e mostrare la quo- tidianità di un’arte che è quasi una missione come spiegano i capifami- glia Petra e Stefan. “ Mi piace lavo- rare senza biglietto ”, dice Stefan, in modo che il pubblico possa “ decidere quanto vale per loro lo spettacolo. (…) Alla fine chiediamo un’offerta, e c’è anche chi porta patate, olive, for- maggio… ”. A ricordare la vocazione sociale (e per così dire precapitalistica) di una delle più antiche istituzioni, assieme al teatro, deputate allo storytelling . Nel raccontare il rapporto con il pub- blico, l’imprevedibilità delle alchimie che si creano tra chi dà e chi riceve (ma è sempre un mutuo rapporto), il film restituisce in modo quasi pal- pabile l’unicità della vita circense. Senza tacere le difficoltà, i dubbi e lo stress di un’esistenza tutt’altro che idillica: la famiglia Soluna si nuove infatti con tre cavalli, galline ed altri animali e c’è una sequenza che ad esempio fa ben capire cosa signifi- chi girare per le strade e imboccare gallerie su un carro, che è poi la loro casa, trainato da cavalli; per non dire di cosa comporti procurarsi relativi certificati per viaggiare, ad esempio, dall’Italia alla Croazia (considerato che all’epoca, perlomeno, al telefono rispondeva una voce umana, non qualche versione di alexa o siri). “Ci avete seppellito, ma non sapevate che eravamo semi” Un altro (breve) film che attesta l’attenzione di Rohwacher per quel mondo di ieri che va irrimediabil- mente perdendosi (e dà conto di cosa intenda per attivismo, anche politico) è Omelia contadina . Il corto, presentato come evento speciale di apertura del festival Visioni Italiane a Venezia nel 2020, è stato girato in collaborazione con l’artista francese Jr. (sic) e mette in scena un “funera- le simbolico” della civiltà contadina: una “azione cinematografica”, così la definisce, volta a denunciare l’i- narrestabile eclissi di un’agricoltura tradizionale stritolata dalle multi- nazionali dell’agroalimentare. In questo modo, ha detto Rohrwacher in un’intervista a Anna Finos, “ cele- briamo un rito collettivo che possa aiutare anche una rinascita. L’idea è che contadini potessero celebra- re un funerale da vivi alla storia millenaria dell’agricoltura .” Non ci sono infatti attori, ma gli agricoltori dell’Alfina e una banda musicale che accompagna la processione. La pel- licola è dedicata a “ tutti i contadini La Rivista · Marzo 2023 73 Una scena di Un piccolo spettacolo (2005), un omaggio a Soluna, un piccolo circo itinerante, tuttora in attività, composto da una famiglia di origine tedesca con sei figli che viene raccon- tato in un suo viaggio attraverso l’Italia
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