La Rivista
Sono solo canzonette(?) Uno dei ricordi più nitidi che ho delle mie lezioni di inglese, ai tempi delle scuole medie in Italia, è quello collegato con la musica. Avevo un insegnante napoletano che si trasformava, per poche ore alla settimana, in un compassato suddito britannico. Uscito dalla classe, questo signore ritornava ad essere un partenopeo verace. Le sue lezioni avevano più o meno sempre la stessa sequenza di frasi: Stand up! Good morning, sir! And now dictation! Please write with the right hand! (e io sono mancino). The pen is on the table! What are you doing? Do you understand me? No, sir! Shut up! La Rivista La Lingua batte dove... U n giorno l’insegnante decise di portare un mangiadischi in classe. Con un sorriso, dal qua- le traspariva una certa cazzimma , aveva deciso di attirare la nostra at- tenzione attraverso la musica. Prese un disco, lo infilò nell’apparecchio e sentimmo una voce nasale, molto sofferente. Era Bob Dylan! Dopo aver ascoltato in silenzio il pezzo del cantautore americano, prese un altro disco e Another Brick In The wall si propagò nell’aula. We don’t need education! Ehi, teachers, leave those kids alone! Iniziò così il nostro viaggio attra- verso le canzoni in lingua inglese: Pink Floyd, David Bowie, Beatles, Rolling Stones, Dire Straits, Queen, The Who, Led Zeppelin, ecc. Grazie a queste lezioni sono riuscito a scriv- ere a una ragazzina olandese, conos- ciuta al mare, I wish you were here . Verso la fine degli anni Settanta la didattica delle lingue non lasciava molto spazio a fantasie: c’erano solo regole grammaticali e lessico da imparare a memoria. Fine. Quell’in- segnante anglo-napoletano è stato, quindi, un vero innovatore. La stessa strategia fu usata da un mio docente di letteratura tedesca che, all’università, ci fece ascoltare alcuni brani tratti da L’opera da tre soldi ( Die Dreigroschenoper ) di Ber- tolt Brecht. Und der Haifisch, der hat Zähne è un verso famosissimo de La Ballata di Mackie Messer che ogni tanto recupero dalla mia memoria, prima di fare una bella nuotata in mare. Mi aspetto, infatti, sempre lo squalo di Steven Spielberg che mi insegue. Oggi, in diversi manuali di lingue straniere, sono previste intere unità didattiche dedicate all’ascol- to di canzoni. Per l’insegnamento dell’italiano, anni fa, è stato concepi- to perfino un intero manuale basato sull’ascolto selezionato di brani ital- iani, con relativa grammatica e les- sico da trattare in classe. La nostra lingua, in questo senso, offre moltis- simo materiale di discussione. Nostalgia (canaglia?) e luoghi comuni Mi ricordo molto bene il mio primo impatto con il mondo mu- sicale elvetico, alla fine degli anni Ottanta, in un periodo nel quale non esistevano né telefonini, né inter- net. Provenivo dall’Austria ed ero in compagnia di un amico. Dopo es- serci sparati per tutto il viaggio una serie di cassette, prevalentemente in lingua inglese (Clash, Smiths, Sex Pistols), gli chiesi di sintonizzarsi su qualche radio locale, giusto per sentire un po’ la lingua tedesca. Con nostra sorpresa, captammo un tipo che parlava in un italiano strano, con marcati tratti siculo-alemanni (una specie di minchia-weisch ), e faceva una dedica per il compleanno di una certa Concetta. Pochi secondi dopo fu mandato in onda il pezzo Fe- licità di Albano e Romina. Si trattava di una radio locale svizzero-tedesca che trasmetteva, per un paio di ore alla settimana, solo musica italiana con conduttori improvvisati, ma pie- di Raffaele De Rosa La Rivista · Marzo 2023 64
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