La Rivista
animale. Infatti, sia le zone più set- tentrionali, sia quelle centrali hanno un comune denominatore: la transu- manza, come abbiamo già scritto. Anticamente era una sorta di modus operandi. Il pastore si spostava con- tinuamente perché doveva cercare del foraggio naturale per le proprie greggi. Difatti, la vegetazione ap- penninica, in particolare, è adatta all’alimentazione degli ovini quanto lo è il foraggio che si falcia nelle sot- tostanti pianure. In passato, quindi, c’era un via vai perenne di greggi che dalle montagne e dalle colline percorrevano i tratturi, i tracciati formatisi dal passaggio delle pecore. Nel periodo primavera-estate e parte dell’autunno le greggi pascolavano guidate dal pastore e dai cani sui prati incolti delle colline per poi discendere verso le pianure, spesso fino alle coste, dove svernavano, alimentate o da pascoli naturali o da foraggi sfalciati durante l’estate. La visione casearia è riconducibile a un nome ben preciso: i Pecorini . Grandi o piccoli formaggi a base di latte ovino che vengono spesso pro- dotti al pascolo dal pastore stesso. L’Italia è il Paese che, dopo la Cina, produce la maggior quantità di latte ovino. Ma ancora oggi la trasforma- zione casearia non è la sua massima espressione. Il divario fra latte messo in commercio e latte utilizzato per i formaggi resta enorme. Uno scenario reso povero dallo stesso territorio, che presenta fattori negativi eviden- ti: il divario netto fra le pianure e le montagne, le difficoltà delle greggi a provvedere all’alimentazione, la po- vertà in molti casi dell’alimentazione brada. Resta una consolazione: par- liamo di formaggi di pecora di grande pregio, quasi tutti caseificati a latte crudo, magari recuperando le siero- proteine e facendo Cacioricotta. Poca quantità, ma tanta qualità. Vediamo, di seguito, le rapide schede, alcuni dei formaggi, molti dei quali Prodotti Agroalimentari Tradizionali (P.A.T.) - prodotti tipici italiani che fanno riferimento al Decreto Ministe- riale 8 Settembre 1999 n. 350, parti- colarmente tradizionali e legati a un territorio e alla sua storia: dai metodi di realizzazione, conservazione, sta- gionatura, creazione. Burrino (P.A.T.) Il Burrino è un formaggio stagionato a pasta filata dura e cruda, prodotto da latte vaccino. Si presenta di forma allungata a pera, con la parte esterna di pasta filata, un’estremità stretta in un collo dal quale viene appeso tra- mite l’uso di una funicella. All’interno di questo formaggio viene posto un cuore di burro dal sapore marcato. Il peso del Burrino è circa 100-300 gr.. La crosta è lucida e liscia; il colore biancastro può virare al giallino o bruno in rapporto all’avanzamento della stagionatura. La maturazione dura almeno un mese. Il Burrino ha origine nelle regioni della Calabria e della Puglia, sono tuttavia tipici i Burrini di Sorrento, ed i Burrini di bufala, che sono anch’essi ricono- sciuti come prodotto agroalimentare tradizionale. Si consuma preva- lentemente spalmato sul pane. È prodotto in molte regioni italiane: in Campania nelle zone di Avellino, Calitri e Sorrento; in Puglia nella zona di Ginosa e Gioia del Colle, dove è chiamato Manteca; in Basilicata e in Calabria viene chiamato Putiro e in Sicilia è prodotto nella zona di Ragusa. Caciocavallo di Agnone (P.A.T.) Questo formaggio è prodotto tutto l’anno in tutta la regione del Mo- lise, anche se il migliore si trova ad Agnone (IS) e nell’alto Molise. Il Caciocavallo di Agnone si ottiene da latte vaccino di animali diversi ali- mentati a pascolo estensivo naturale. La forma di questo caciocavallo è a grossa pera, di altezza variabile da 18 a 22 cm il peso varia da 1,5 a 3 kg. La crosta si presenta sottile e dura di Cacio cavallo di Agnone a cui è stato as- segnato l’ Italian Cheese Awards ® 2022 Burrino: è un formaggio stagionato a pasta filata dura e cruda La Rivista · Giugno 2023 93
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