La Rivista
La Rivista Cultura più umili e della sua « pittura attenta alla realta e alle vicende umane , e «sempre più orientata al racconto dei destini dell’uomo» ci sono le sue mo- stre tenute anche in diverse fabbriche in Svizzera e in Germania. Nel 1962, Comensoli tenne una perso- nale alla galleria San Luca di Roma, alla cui inaugurazione partecipò an- che Renato Guttuso. Per l’occasione Carlo Levi, tra l’altro, scrisse: «Comen- soli ci racconta in modo semplice e austero il destino dei suoi personaggi. Il tono è fraterno, il punto di vista è quello di chi vive e sente sullo stesso piano, e cerca non una curiosità ma una somiglianza» . Assiduo frequentatore dl Coopi A Zurigo, Comensoli diventò, come detto, assiduo frequentatore del ristorante Coopi al quale, già nel 1954, regala un suo quadro, altri ne segui- ranno nel tempo redendo quel ritrovo quasi una sua mostra permanente. Scrive, tra l’altro, Mario Barino: «Ap- pendere alle pareti di quel locale un suo dipinto – “Domenica”, un grande olio che rappresenta una festa cam- pestre e che nell’ossatura formale echeggia ancora movenze postcu- biste – era stata idealmente per Co- mensoli una consacrazione pari forse a quella della mostra dell’Helmhaus» (Mario Barino, Mario e il “Coopi” , in «Area, il portale di critica sociale e del lavoro» , online , venerdì 17 settembre 2004, anno VII, nr. 30). Nelle ore pas- sate al Coopi, Comensoli si sedeva allo Stammtisch del ristorante, il tavolo riservato allora al Comitato direttivo, con il presidente Werther Ravaioli; con Augusto Vuattolo (Tar- cento 1882 — Zurigo 1960), il sindaca- lista friulano con lunga esperienza in Germania ed esponente europeo del socialismo e primo dirigente dell’Unione Sindacale Svizzera (USS) di origine straniera; con Ezio Cano- nica e con altri dirigenti sindacali, tra i quali ricordiamo ancora un altro friulano, Romeo Burrino (Udine 1927- 1998), del sindacato degli edili e legno (SEL). A questi abituali partecipanti, allo Stammtisch si aggiungevano, di volta in volta, anche l’attore e regista «Ettore Cella, figlio del vecchio geren- te del Cooperativo, e Reni Mertens, prima traduttrice di Bertolt Brecht in italiano» ( Ibidem ). Citiamo sempre da Mario Barino, attuale dirigente della Fondazione Mario e Helene Comensoli e già redattore e commentatore del Tele- giornale Svizzero e corrispondente da Zurigo del Corriere della Sera , che così descrive il suo primo incontro con l’artista, del quale sarebbe poi diventato massimo biografo: «Co- nobbi Mario Comensoli nel lontano 1962 in occasione di una sua mostra alla galleria Walcheturm, di Zurigo. Presentava opere che raccontavano l’alienazione della borghesia nella grande citta, tele con una forte con- notazione espressionistica, dai colori acidi e violenti che si staccavano decisamente da quelle che avevano caratterizzato il ciclo definito “dei lavoratori in blu”…, che l’avevano reso noto tra un ampio pubblico…» . “I suoi racconti erano efficaci come i suoi quadri” Spinto dalla curiosità e dall’in- teresse per questo «pittore, un uomo alto e agilissimo» , ticinese come lui, Barino lo andò a trovare nella sua bottega: «Mi recai – scrive — alla Rousseaustrasse, dove ebbi modo di conoscere il suo atelier: uno stanzone disadorno illuminato da una grande finestra con una stufa a nafta, una brandina, un telefono appeso al muro vicino alla porta e tante tele appog- giate l’una contro l’altra e addossate al muro che mostravano il dorso al visitatore… Spesso con la mia auto- mobile ci si recava al mitico ristoran- te Cooperativo…: i suoi racconti erano efficaci come i suoi quadri, aveva in- fatti una capacita descrittiva da gran- de narratore; le persone, le situazioni uscivano dal suo racconto plastici e vivi, nutriti da un’ironia spesso ama- ra e corrosiva» ( Mario Barino Rac- Mario Comensoli un quadro con Lavoratori in blu (Blauen Periode) La Rivista · Giugno 2023 65
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