La Rivista

perché a Reggio Emilia si dice il gnocco fritto ? E ti correggono se ordi- ni lo gnocco fritto ! Nei manuali di linguistica italiana (e naturalmente anche in rete) si tro- vano delle risposte interessanti che potrebbero spiegare queste incon- gruenze grammaticali, ma lascio alle lettrici/ai lettori il compito di trovarle. « In albergo, a Napoli, la signora della ricezione mi ha detto “Scusate, pote- te ripetere il vostro nome”? Tu, però, ci hai detto che bisogna usare il Lei e io ero da sola, quindi avrebbe dovuto dire “Scusi, può ripetere il suo nome”, giusto? », mi fece notare un giorno una studentessa un po’ confusa di fronte a una forma non prevista dal manuale. Io le spiegai che nel Sud l’uso del Voi , come forma di cortesia, è an- cora molto diffuso anche a causa dell’influenza delle buone maniere importate, un tempo, dalla Francia. In certi casi, raccomando ai miei studenti che, se non sono sicuri, con la coniugazione di tu ( puoi ) o Lei ( può ), la forma Voi ( potete ) è sicura- mente più facile da usare. Ho avver- tito, comunque, che l’uso del Voi a Milano, Venezia, Torino o Bellinzona potrebbe essere sentito come troppo antiquato… o meridionale. Errare è umano « Sono stato a Palermo, recente- mente, e le persone sono state molto gentili con me perché hanno parlato in italiano e non in dialetto, che non capisco per niente. Mi piace come pronunciano… Sciscilia! Tu, invece, hai una pronuncia completamente diversa dalla loro », mi disse uno stu- dente dopo essere tornato affascina- to dalle sue vacanze in Trinacria. Sulle pronunce non standard della lingua italiana mi diverto molto a fare io stesso le imitazioni, per fare sentire la grande varietà delle intonazioni regionali. In rete, poi, è possibile recuperare tantissimo materiale da far ascoltare in classe e non ho nessun problema a usarlo nelle mie lezioni. Negli anni mi hanno fatto tantissi- me domande sulle contraddizioni esistenti nell’uso effettivo della lin- gua italiana. Personalmente tendo ad avere un approccio poco prescrit- tivo, quindi non da “vigile”, ma molto attento agli aspetti storici e sociali che stanno alla base di certi fenome- ni. Sono, infatti, convinto che liqui- dare negativamente un errore, senza nemmeno tentare di spiegarne i pos- sibili motivi, non sia una buona cosa per chi vuole trasmettere una lingua agli altri in modo credibile. Ma mi rendo anche conto che i si- stemi scolastici sono basati proprio sulla valutazione degli errori Tutti hanno ricordi, più o meno positivi, di apprendimenti manualistici delle re- gole grammaticali che vengono pun- tualmente verificate in test specifici. L’insegnante diventa così come una specie di “vigile”, ma anche lei/lui può sbagliare per distrazione, stan- chezza o anche per… ignoranza, nel senso letterale di “non sapere”. E gli errori delle/dei docenti, come si sa, sono i più stigmatizzati. Creare ponti fra i saperi Ecco, proprio perché è molto facile passare dal ruolo di “giudice” a quello di “imputato”, penso che la formazione generale dei professio- nisti della didattica dovrebbe essere riveduta in vari punti. Ho già avuto modo di parlarne in altre occasioni, anche in questa rubrica, ma mi per- metto lo stesso di insistere, soprat- tutto dopo aver sentito una docente universitaria italiana che mi ha det- to un giorno: « La linguistica storica e, in genere, le materie umanistiche sono considerate ormai inutili. C’è sempre meno spazio per approfondi- re i temi culturali, tutto deve essere Se la regola vuole lo gnocco, perché a Reggio Emilia si dice il gnocco fritto ? E ti correggono se ordini lo gnocco fritto ! La Rivista La Lingua batte dove... La Rivista · Giugno 2023 52

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