La Rivista
gratuitamente l’autore ( presunto , ci tiene a sottolineare ripetutamente Martin Veil) di un efferato delitto. Si tratta del diciannovenne chierichet- to balbuziente Aaron, sul quale pen- de la tremenda accusa di aver ucciso con decine di coltellate il beneamato arcivescovo di Chicago. Aaron sem- bra soffrire di vuoti di memoria fin dalla prima adolescenza e quindi non riesce a fornire al suo avvoca- to una descrizione dell’accaduto, racconta solo di aver intravisto una terza persona sul luogo del delitto. Viene a galla, a un certo punto, che potrebbe trattarsi di un possibile sicario, al soldo di una sorta di mafia immobiliare le cui speculazioni sono andate in fumo a causa dell’arcive- scovo. Nel corso delle indagini emergono però altre sconcertanti prove di torbidi eventi che ben possono aver fornito al giovane e timido Aaron un fortissimo movente a compiere il brutale delitto. L’alto prelato lo co- stringeva a fare sesso davanti a lui con la sua ragazza, in compagnia di un amico, certo Alex, con il pretesto che ciò avrebbe purgato le loro ani- me, minacciando in caso di rifiuto di gettarli sul lastrico. Martin Veil, coadiuvato a questo punto da una psichiatra (figura che nel film appare molto credibile e competente), si convince che il ra- gazzo soffre di dissociazione della personalità del tipo Dr Jekyll et Mi- ster Hyde: da un lato c’è Aaron chie- richetto umilmente devoto e grato all’arcivescovo per averlo tolto dalla strada; dall’altro, si contrappone Roy, una personalità violenta e carica di odio decisa a vendicarsi degli abusi subiti. La psichiatra, sicura della sua dia- gnosi, arriva ad affermare che si tratta di un giovane malato che non dovrebbe stare in carcere, ma in una casa di cura per malattie mentali. Il brillante avvocato è dello stesso avviso e riesce a salvare il giovane dalla pena capitale, invocando l’in- fermità mentale. La sentenza finale gli dà ragione e Aron verrà unicamente rinchiuso per un breve lasso di tempo in un ospedale psichiatrico. Tutti i protagonisti sembrano soddi- sfatti di tale esito finale, compreso il pubblico ministero, un’affascinante giovane donna che en passant rial- laccia una vecchia storia d’amore con l’avvocato. Anche gli spettatori credo siano a questo punto contenti di questo epi- logo, me compresa. Ma sorpresa finale: una volta assolto, il ragazzo si vanta cinicamente con il suo avvocato di aver inventato di sana pianta la figura del giovane timido, impacciato e balbuziente Aa- ron al fine di ingannare difensori e accusatori. La sua unica e autentica natura è Roy. Nella scena finale la cinepresa ri- prende l’avvocato di spalle mentre si allontana dal tribunale sconsolato e afflitto. Aveva ciecamente creduto alla versione del chierichetto mala- to. E noi spettatori pure! È chiaro che si tratta di una fiction. Ma fa comunque riflettere sulle dia- boliche capacità manipolatorie che possono avere certi individui, tali da ingannare anche i più eminenti ed esperti specialisti. Le distorsioni cognitive Cosa sono le distorsioni cognitive? Si può dire senza indugio che sono dei colossali elefanti invisibili . Si tratta infatti di filtri mentali in- consapevoli presenti in tutti noi - in modo più o meno marcato - che ci portano a selezionare nella pioggia di informazioni che sollecitano in ogni momento le nostre facoltà per- cettive quelle che ci appaiono più vicine alle nostre rappresentazioni Una scena del film Schegge di paura con Richard Gere e Edward Norton, nei panni dell’avvo- cato ‘credulone’ e dell’imputato dalla presunta personalità dissociata La Rivista · Giugno 2023 47
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