La Rivista
elettrica. La contessa veneziana Al- brizzi gli affida la realizzazione della parte scenica di un’operetta allora molto in voga, Mikado, da rappresen- tare nel suo teatro privato. Giuseppe Giacosa, il noto librettista pucciniano gli suggerisce di preparare i bozzetti per “Tristano e Isotta” di Richard Wa- gner, opera che sara rappresentata per la prima volta in Italia al Teatro alla Scala di Milano nel 1900 4 . La “Cupola Fortuny” Nel 1901 a Parigi brevetta un sistema di illuminazione teatrale basato sulle proprietà della luce in- diretta, diffusa e regolabile. Progetta una sezione di sfera, detta in seguito “Cupola Fortuny”, da installare sul fondo del palcoscenico con il risul- tato di una diffusione completa della luce sulla scena. Questo sistema, inaugurato nel 1906 nel teatro della contessa di Béarn a Parigi e accolto con entusiasmo da Sarah Bernhar- dt, viene adottato in seguito da vari teatri europei 5 . Per uno spettacolo al suddetto teatro realizza il suo primo abito, un velo di seta di notevoli di- mensioni portato alla maniera delle donne di Tanagra 6 , stampato con mo- tivi decorativi ispirati all’arte cretese e minoica, che i ballerini possono drappeggiare sul corpo secondo i gusti e le necessità. Si tratta del pro- totipo di quelli successivamente co- nosciuti come “scialli Knossos”. Il 24 novembre 1907, presso la Hohenzol- lern-Kunstgewerbehaus in Leipziger- strasse a Berlino, Fortuny ne presenta una quindicina di modelli 7 . Le stoffe lo entusiasmano e da ora in poi ne diventa creatore, inizia a produrle da solo in un piccolo labora- torio allestito con la moglie all’ultimo piano di Palazzo Pesaro degli Orfei, che ben presto diventa una fabbrica. “Ogni mattina, aperto il portone dal custode, gli operai e le operaie entrano nel piccolo cortile e, salita la scala scoperta, si dispongono nella sale dell’atelier, chi ai telai da stampa, chi alla finitura dei capi d’abbigliamento. 8 ” Inizialmente Fortuny impiega la seta e in seguito scopre il velluto che uti- lizza sia per gli abiti, sia per l’arreda- mento, mischia diversi colori e diver- se tecniche rendendoli insuperabili e irripetibili: una pezza non è uguale all’altra. Per la colorazione predilige colori ricavati dal mondo naturale: per il rosso usa la cocciniglia del car- minio ( Dactylopius coccus ) originaria dell’America centrale, per il giallo il fieno della Bretagna, mentre per il blu predilige l’indaco indiano 9 . Affasci- nato dalla stampa, accinge anche alla collezione delle stoffe di sua madre, da cui prende spunti. Adotta rame e alluminio per ottenere effetti d’oro e d’argento e, pur impiegando anche metodi di stampa fotomeccanici, ese- gue personalmente ogni verifica sulle trasparenze policrome offrendo un risultato di finissimo artigianato. Ancora nel 1906 Fortuny fonda una società per la realizzazione delle cupole a luce diffusa, che seguiterà a mettere a punto in diverse occasioni fino al 1928. Il brevetto della stoffa plissettata in seta Nel giugno 1909 deposita presso l’ Office National de la Propriete In- dustrielle di Parigi il brevetto della stoffa plissettata in seta, risultato ottenuto attraverso un apparecchio di sua invenzione; nel novembre successivo, dopo anni di ricerche e lavoro, registra il brevetto di una tunica, prototipo di un abito che con- verte in una veste femminile in seta di ispirazione ellenistica, il Delphos , ispirato alla tunica delle greche ca- riatidi dell’Eretteo sull’Acropoli di Atene, realizzato in satin plissé 10 . È un omaggio, un inno all’arte dell’anti- ca Grecia, un vestito dallo stile senza tempo. L’innovazione assoluta è la pieghettatura fatta a mano e fissata a caldo con un rullo di ceramica. Il modello è piatto, semplice, in fin dei conti è solo un velo di stoffa leggero come una piuma, ma indossato segue audacemente i contorni del corpo, si adatta perfettamente alle forme fem- minili esaltandole, provoca ma libera la donna dalla schiavitù di corsetti e La Rivista Il Belpaese Palazzo Fortuny: interno La Rivista · Giugno 2023 43
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