La Rivista
A due passi, verso ponen- te, il torrente Polcevera: quello del ponte Morandi, crollato cinque anni fa e ricostruito (in tempi record, per una volta) da Renzo Piano. A levante, invece, la Lanterna – che dall’alto dei suoi 117 metri sopra il livello del mare conserva il primato sui fari del Mediterraneo – segna il passaggio al Porto Antico. È qui che già 2500 anni fa si cominciò a porre le basi per le future glorie marinare di “Zena”. È da qui che salparono le caravelle di Cristoforo Colombo. Non c’è da stu- pirsi se, nel 500° anniversario della scoperta dell’America, proprio da qui ha preso il via la rinascita citta- dina, grazie alla riqualificazione di quest’area piena di storia, di fascino e di umanità. Che dopo decenni di semi-abbandono è diventata il cen- tro nevralgico della città turistica. Ancora una volta, un progetto di Renzo Piano, deus ex machina della Genova contemporanea. “Una città regale, addossata ad una collina alpestre” Il porto antico attira in ogni sta- gione centinaia di migliaia di visita- tori: le famiglie con i bambini (e non solo loro) affascinati dalle grandi vasche dell’Acquario, fra i più belli d’Europa; il Bigo, l’ascensore pano- ramico realizzato con una gru che ricorda quelle delle navi da carico; la Biosfera, una sfera di vetro che ospi- ta una foresta tropicale in miniatura; il Galata-Museo del mare, viaggio avvincente nella storia della navi- gazione che si sviluppa nei 12 mila metri quadri dell’antico Arsenale: dove Genova costruiva e varava le galee che per secoli hanno segnato il dominio sul Mediterraneo della Re- pubblica. Anzi, della “Superba”, per dirla con Francesco Petrarca: che nel 1358 la descriveva come « una città regale, addossata ad una collina alpestre, superba per uomini e per mura, il cui solo aspetto la indica signora del mare ». Chissà se l’autore del Canzoniere condivideva il giudi- zio di Dante Alighieri, che dei « Geno- vesi, uomini diversi; d’ogne costume e pien d’ogne magagna » scriveva nel XXXIII canto dell’Inferno, riservato ai traditori. Arrivati alla stazione ferroviaria di Piazza Principe, ci bastano pochi passi per ritrovarci nel pieno del centro storico, dichiarato patrimonio Unesco: un vasto labirinto di vicoli (i “carruggi”) di origine medievale fra i più densamente popolati d’Europa, in cui le focaccerie e le trattorie lo- cali si alternano – o forse man mano cedono il posto – ai commerci e alle attività delle folte comunità africane e latino-americane. Via Pré, via del Campo e gli altri car- ruggi della zona, dopo il progressivo spopolamento avvenuto negli ultimi decenni del ‘900, tornano oggi a ripopolarsi proprio grazie all’arrivo degli immigrati. Qui un residente su tre è di origine straniera: la percen- tuale più alta in tutta la città. « Via Prè è il più bel carrugio di tutta la Liguria », racconta un frequentatore nostalgico; « è sempre stato il centro commerciale della vecchia Genova, dove si andava a comprare di tutto, crocevia di mille dialetti dal geno- vese al napoletano, dal veneto al siciliano; un tempo era una tappa fissa per tutti quelli che andavano a visitare Genova e per i genovesi stessi, un posto dove trovavi di tutto e di più, dove c’erano osterie e trat- torie stupende, un posto dove facevi anche degli incontri con personaggi straordinari, marinai che ti raccon- Ricordi sulle pareti della trattoria “da Maria”, vera e propria istituzione della Genova popolare, dove si mangia ancora con pochi euro sulle tovaglie a quadretti bianche e rosse La Rivista · Giugno 2023 37
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