La Rivista
Giangi Cretti Direttore gcretti@ccis.ch La Rivista Editoriale Nel nostro caso, sollecitati da quanto a questo proposito è stato pubblicato nelle scorse settimane - tralasciando quello recentissimo della Caritas sulla povertà in Italia che è “ un fenomeno strutturale ”, che tocca quasi “ un residente su dieci ”, si contano infatti 5 milioni e 571 mila po- veri assoluti contro 1,8 milioni del 2007, mentre aumentano i lavoratori poveri e i bisogni multipli -, abbiamo circoscritto la nostra attenzione su un paio di questi rapporti di cui pubblichiamo una stringata sintesi nelle pagine interne di questo nu- mero della Rivista . Di un terzo -quello di Ipsos, riconosciuto istituto di sondaggi e di ricerca di mercato, intitolato significativa- mente Catenaccio all’Italiana. Un paese in difesa, pronto al contrattacco e alla ricerca di un futuro, ci siamo limitati ad attraver- sarne la presentazione, facendo nostra la fotografia che ne fornisce il presidente Nando Pagnocelli “ stiamo raccontando da qualche tempo, queste poli-crisi che ci indicano la fine di percorsi rettilinei, sia dal punto di vista interpretativo, sia nella ricerca delle soluzioni: è finita l’era delle previsioni fondate su evoluzioni lineari. Dobbiamo abituarci a fare i conti con l’im- prevedibilità delle reazioni dei cittadini rispetto agli eventi che stiamo vivendo ”. Il rapporto ci consegna infatti l’immagine di un Paese sotto i colpi dell’incrociarsi, in successione e in simultanea, di una polifonia di crisi. Dal Covid alla crisi cli- matica; dall’aumento dei costi dell’energia alla corsa dell’inflazione; dal rombo dei cannoni all’accentuarsi delle tensioni tra globale e locale; dall’evoluzione tecno- logica, con l’affermarsi della robotica e dell’intelligenza artificiale, alla crisi delle identità contemporanee e il suo portato di ripiegamento nostalgico; dall’aumento del costo del denaro e dei mutui, al riesplodere dei rischi nel mondo bancario. In questo quadro che, come annota il Presidente dell’Eurispes, Gian Maria Fara , tratteggia “ tempi non ordinari ” si colloca anche Il 35° Rapporto Italia , di Eurispes. “ La straordinarietà – dichiara Fara - del tempo attuale si misura con il fatto che eventi considerati imprevedibili, incre- dibili stanno diventando un elemento di normalità nelle nostre vite, sono valutati e vissuti come se fossero eventi e processi non destinati a modificare nel profondo gli assetti e le dinamiche delle nostre società e le nostre vite personali. Accettare in fondo questa trasposizione di eventi stra- ordinari in eventi di una nuova normalità fa parte del nostro patrimonio di illusioni, ma dà anche una misura precisa delle no- stre responsabilità o irresponsabilità, sin- gole e collettive, rispetto alle novità e alla portata dei cambiamenti in atto, a livello globale e nelle nostre comunità nazionali e locali ». Analizzato nel dettaglio, il Rapporto Italia ci restituisce un’immagine del Paese (e de- gli italiani) che si discosta dagli stereotipi a cui attingono generalmente la politica e l’informazione, che ci induce a credere che effettivamente la straordinarietà del tem- po attuale diventerà ben presto la nostra nuova normalità. Di ben altra straordinarietà – tale perché, noi per primi, non se siamo pienamente consapevoli – ci racconta L’Italia in 10 selfie . Il rapporto della fondazione Sym- bola, che da 10 anni a questa parte ci mostra un Paese che, nonostante tutto, ce la fa. Anche se le crisi in corso sembrano talvolta portare indietro la lancetta del tempo nelle relazioni internazionali, nell’economia, nei diritti, Italia in 10 selfie delinea ogni anno I contorni di un Paese dei primati. Veri e non presunti. Spesso poco conosciuti o sottovalutati, che evi- denziano i tratti di un’economia più a misura d’uomo e per questo più capace di futuro. Secondo Ermete Realacci, presidente di Symbola, in questi 10 autoscatti c’è “ un racconto che vuole essere un promemoria e un’agenda ”. Da qui possiamo partire per affrontare non solo i nostri mali antichi ma il futuro e le sfide che ci pone. Sullo sfondo è solida la convinzione che, per affrontare la tempesta perfetta di questa crisi, l’Italia deve accettare le sfide di un mondo che cambia senza perdere la pro- pria anima. Capace di incrociare innova- zione e conoscenza con qualità, bellezza, green economy. Insomma: l’Italia dovrebbe davvero con- vincersi che vale davvero la pena fare l’Italia. E gli italiani? Anche! Sempre ammesso che ciò significhi qualcosa al di fuori di quei luoghi comuni, che sovente si tingono di connotazioni negative. U n paio di premesse. Recipro- camente conseguenti l’una dell’altra. Premessa numero uno: vale quanto siamo soliti precisare estrapolando dai versi di una celebre poesia di Trilussa: se io mangio due polli e tu neanche uno, statisticamente ne abbiamo mangiato uno a testa. Premessa numero due: i dati dei sondaggi (stante quanto detto sopra) sono sempre ‘ da prendere con le pinze ’ e con il ‘ benefi- cio d’inventario ’. A corredo, una constatazione: la politi- ca - a cui troppo spesso (sic) si accoda cortigiana l’informazione - con l’intento di rappresentare (addomesticare?) la realtà, costruisce la sua narrazione (oggi si dice così, no?!) martellandoci a colpi di sondaggi, di indagini e rilevazioni statistiche. Puntualmente appigliandosi (invero accapigliandosi) sugli scostamenti dello ‘zero-virgola’ (qualche decimale). Tendenzialmente finalizzati, i sondaggi, le indagini e le rilevazioni statistiche, a catturare i nostri sentimenti, sollecitare sopite emozioni, convincerci di quali siano le nostre idee, spesso non facendocele ca- pire, e di cui di cui, ovviamente, non siamo consapevoli. Questo preambolo per mettere le mani avanti e per dire che, ogni qualvolta ci troviamo confrontati con un rapporto o comunque con una rilevazione che, elen- cando una dopo l’altra una serie di dati e di quote percentuali, tende a fornirci una rappresentazione della realtà, un approc- cio diffidente può essere più che compren- sibile. Anche se poi, è sciorinando di volta in volta dati e quote percentuali che pren- dono corpo i vari tentativi di proiettare visioni, di definire strategie e, talvolta, di confezionare una presumibilmente nuova narrazione. Va da sé: oltre che dall’obiettivo dichiarato, molto, anzi parecchio, dipende dall’au- torevolezza di chi il rapporto, l’indagine o la rilevazione li ha commissionati, poi condotti e redatti per, anche a nostro uso, interpretarli.
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