La Rivista

insomma, parte e arriva. È magica, ha avuto un gran successo in tutto il mondo ed è stata ripresa da artisti vari. Oltre ad A Chi , sono di spes- sore canzoni come Deborah di Giorgio Conte che hai cantato in collaborazione con Wilson Pickett. Dopo il successo di oltre quattro mi- lioni di copie vendute, ero un artista richiesto e varie collaborazioni si sono realizzate. Il 29 ottobre scorso ci siamo ricordati di quei tempi, in occasione del mio compleanno, dove era presente anche Giorgio. Dopo i primi anni dedicati al rhythm’n’blues e soul hai attra- versato una fase di transizione passando al pop, o meglio, al genere dolce. Ti dico questo: quando esci con un album, devi sceglierti un pezzo con il quale ti presenti in televisione per motivi di promozione. Ovviamente nessuno ti mette a disposizione lo spazio necessario per cantare l’in- tero album. Il pubblico che ascolta il pezzo da te scelto ti infila in una determinata nicchia. In tutti i miei album ho sempre messo canzoni varie, sparate e non sparate, funky, rock, ecc. Non ho mai abbandonato il mio modo di essere universale. Per divertimento nei miei concerti mi metto a fare una compilation di pezzi anche di James Brown. Perché quei pezzi fanno parte della mia vita e non voglio trascurare questa parte della mia identità. Che ricordo hai particolarmente degli anni passati? Da ragazzo non avrei mai pensato di cantare con Mina – invece è succes- so. Ho sognato di cantare con Ray Charles – e l’ho fatto. Volevo cantare con Wilson Pickett – ci sono riusci- to. Questi sono dei grandi ricordi. Hai duettato con artisti italiani e stranieri. Esiste qualcuno in particolare con cui avresti voluto duettare? Guarda, lo avrei fatto volentieri con Adriano Celentano. Ma tanto lo so: se glielo avessi chiesto, mi avrebbe detto di no – di sicuro. Allora a che cosa serve chiedere? (ride) Quando ti sei accorto che la tua voce ti portava lontano, in varie direzioni? Già da diciottenne ho iniziato ad evadere, cercando di avvicinarmi alle voci dei cantanti afroamericani. Infine, mi sono trovato a cantare nel modo che oggi conosciamo. Le tue cover dei Beatles sono nate da un progetto discografico? No, avevo sentito un disco dei Beat- les nel 1963, e il mio discografico mi ha detto: “ perché non fai qualcosa di questo tipo in italiano con il tuo gruppo Novelty ?” Voilà, così è stato, abbiamo fatto queste cover. E ci sia- mo riusciti anche bene! Nel tuo repertorio si trova una chicca da svelare: hai partecipato in un disco di musica jazz. Sì, ho dato la mia voce per un al- bum di Vito di Modugno, uno dei più grandi organisti hammond che conosca. Tutta la mia esperienza del rhythm’n’blues che mi porto dietro, potevo farla entrare in questo progetto. E questo alla mia maniera. Anche se dovessi cantare il brano Finché La Barca Va lo farei a modo mio ... come lo ho fatto con due gran- di canzoni classiche napoletane: Vierno e Malafemmena . Fausto Leali, grazie per la tua disponibilità. Ringrazio te e mando un caro saluto ai lettori de La Rivista . Ha collaborato Luca D’Alessandro La Rivista · Dicembre 2022 83

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