La Rivista
Re per volere popolare I sette Re di Roma in fatti non erano imparentati tra di loro ma ve- nivano designati dal Senato ed eletti dal popolo. Il Re ricopriva una carica elettorale, come il Doge veneziano nei secoli successivi e come oggi il Papa. A noi moderni i vocaboli “Re” e “mo- narchia” possono trarre in inganno, è opportuno tenere presente che già all’epoca della “monarchia” a Roma esisteva il Senato ed avevano luogo delle votazioni popolari. Roma era nata dal raggrupparsi di persone sbandate e “senza patria”, queste si erano organizzate in modo molto democratico: anche se esi- steva un “Re”, questa era una carica elettiva a vita ed esisteva anche il Senato ed il popolo interveniva nelle decisioni grazie al sistema delle vo- tazioni popolari. Il voto che risultava maggioritario nella assemblea era memorizzato ed alla fine si conteggiava il numero delle assemblee che avevano avuto la maggioranza dei sì e dei no . Ve- niva approvata la legge che aveva ricevuto la maggioranza dei voti delle assemblee a prescindere dal numero dei partecipanti, altrimenti era respinta. Le assemblee non potevano avere luogo tutte nello stesso momento, i ri- sultati delle prime assemblee avreb- bero potuto influenzare i risultati del- le assemblee successive, per questo venne in fretta definito un ordine e la votazione iniziava da una assemblea estratta a sorte. Questa assemblea si chiamava “prerogativa”. Il mestiere del cittadino romano Il mestiere del cittadino romano, sia del ricco come anche del plebeo, era quindi molto carico di attività politiche e queste prendevano molta parte del tempo: quello del cittadino era proprio un mestiere. I cittadini non solo dovevano votare le leggi ma nei comizi dovevano an- che eleggere i magistrati , vale a dire i funzionari pubblici come i Consoli (capi dell’esecutivo e dell’esercito in carica per un anno), inoltre, doveva- no eleggere anche gli altri “ministri” e responsabili di altri dicasteri e fun- zioni pubbliche. Il Senato stesso poi era non una congregazione di nobili, come molti siamo portati a credere, ma era co- stituito dai vecchi magistrati, quelli che, sia che fossero di estrazione plebea che di ricche famiglie, erano già stati eletti nella loro carica grazie ad elezioni precedenti e tra gli eletti c’erano persone di tutte le estrazioni sociali. In casi di grave emergenza infatti esisteva la carica del dittatore che veniva nominato dai consoli per la durata di 6 mesi. Ci furono anche dei dittatori plebei: nel 356 a.C. ven- ne ammesso alla carica di Dictator il primo plebeo nella persona di C. Marcius Rutilius.. A proposito del Dictator , qualcuno potrebbe domandarsi: “ Un dittatore a Roma? … e sarebbe quella una demo- crazia? ”. Occorre precisare che i capi dell’esecutivo ed anche dell’esercito nella Roma Repubblicana erano due, in carica per un anno. Ed è anche importante sapere che i due avevano ciascuno il diritto di veto delle de- cisioni dell’altro. Non solo il Senato non poteva promulgare leggi, ma an- che i consoli dovevano concordare le decisioni da prendere. Inoltre, come il Senato doveva avere il consenso dei cittadini per poter promulgare una legge, anche le decisioni dei Nella Roma Repubblicana il Senato proponeva le leggi, queste entravano in vigore se e solo se il popolo romano le approvava La Rivista · Dicembre 2022 59
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