La Rivista

sone che non conoscono molto bene nemmeno il funzionamento della propria lingua materna. E così gli insegnanti si devono barcamenare tra correzioni mirate, possibilmente evitando inutili pedanterie, e una grande dose di rispetto per gli sforzi degli allievi. Forma di cortesia e di rispetto Uno dei temi più discussi nelle prime lezioni di italiano riguarda il corretto uso della forma di cortesia. Quando si usano esattamente il Lei e il tu ? I manuali propongono, in que- sto senso, brevi dialoghi stereotipati. In tutte le lingue ci sono dei codi- ci particolari che regolano l’uso formale o informale nella comu- nicazione. Sono regole dettate dai codici di buona educazione in una determinata cultura. Esistono lingue molto formali, come per esempio il giapponese, e altre in cui sono certe ritualità sono state quasi completa- mente eliminate, come per esempio l’inglese e le lingue scandinave. Da un lato abbiamo, quindi, codici comportamentali che si tramanda- no immutabili nel corso del tempo. Dall’altro, invece, assistiamo a un grande pragmatismo che porta a semplificare la comunicazione lin- guistica rendendola, forse, anche più democratica. In italiano, in linea di principio, è previsto ancora un certo grado di formalismo, ma la realtà può essere molto diversa e disorientante. Sono cresciuto in una famiglia piuttosto tradizionalista, originaria dell’Italia meridionale, ma trapianta- ta tra le montagne del Nordest. Mio padre e mia madre davano del Voi ai rispettivi suoceri e seguivano alcune regole sociali piuttosto rigide tipiche della borghesia del Mezzogiorno. Fin da piccolo sono stato educato a dare del Lei , nel Nord, e del Voi , nel Sud, agli adulti sconosciuti o ai semplici conoscenti della famiglia. Le incongruenze interculturali sono state sempre abbastanza frequenti nel mio contesto familiare. Mio pa- dre, medico, tendeva a dare del tu ai pazienti. Mi ha spiegato che si tratta di una prassi abbastanza comune all’interno degli ambulatori e degli ospedali italiani. Ha aggiunto anche che il personale sanitario, attraverso l’uso del tu nei confronti dei pazienti, vuole creare un ambiente più ami- chevole in situazioni di stress emoti- vo. Ho preso atto di questa giustifica- zione, ma non mi ha mai convinto. Per me si tratta semplicemente di mancanza di rispetto. In qualsiasi lavoro ci dovrebbero essere dei pa- letti comunicativi reciproci. L’uso del Lei è per me uno di questi paletti. Mia madre, maestra di scuola elementare, ha sempre avuto un sacro rispetto per le regole formali. Quando insegnava queste regole erano chiare: nei confronti del per- sonale docente ci si rivolgeva solo con il Lei . Ha sempre usato il tu con grande parsimonia. Un giorno l’ho accompagnata per una consulenza medica e la dottoressa, con un tono piuttosto arrogante, ha usato il tu nei suoi confronti, mentre mia madre ha mantenuto le distanze conti- nuando con il Lei . Lo ha fatto per una questione di dignità personale, mi ha detto. Io le ho fatto notare che nella Svizzera tedesca, dove vivo da anni, un comportamento del gene- re è inammissibile. Mia madre ha allargato le braccia con un sospiro e mi ha fatto notare che ormai vivo da troppo tempo in una cultura con altre usanze linguistiche rispetto a quelle italiane. Una comunicazione sbilanciata Lo ammetto: ogni volta che torno in Italia, penso di essermi perso qualcosa nell’evoluzione de- gli usi e costumi del nostro Paese. Quando ero bambino, e poi anche da adolescente, i ruoli erano definiti in partenza: la maggioranza delle La Rivista · Dicembre 2022 51

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