La Rivista
percepiti sono: per il 46,2% la guerra, per il 45,0% la crisi economica, per il 37,7% virus letali e nuove minacce biologiche alla salute, per il 26,6% l’instabilità dei mercati internazio- nali (dalla scarsità delle materie pri- me al boom dei prezzi dell’energia), per il 24,5% gli eventi atmosferici catastrofici (temperature torride e precipitazioni intense), per il 9,4% gli attacchi informatici su vasta scala. Il costo dei grandi eventi della storia: l’inceppamento dei meccanismi proiettivi e la malinconia sociale Quella del 2022 non sembra però una Italia sull’orlo di una crisi di nervi, segnata da diffuse espressioni di rabbia e da gravi tensioni sociali. Ma i meccanismi proiettivi tipici di una rampante società dei consumi, che in passato spingevano le perso- ne a fare sacrifici per modernizzarsi, arricchirsi e imbellirsi, hanno perso presa e capacità di orientare i com- portamenti collettivi. Prevale piutto- sto la voglia di essere sé stessi, con i propri limiti. Gli italiani non sono più disposti a fare sacrifici: l’83,2% per mettere in pratica le indicazioni di qualche influencer , l’81,5% per ve- stirsi secondo i canoni della moda, il 70,5% per acquistare prodotti di prestigio, il 63,5% per sembrare più giovani, il 58,7% per sentirsi più belli. E il 36,4% non è disposto a sacrificar- si per fare carriera nel lavoro e gua- dagnare di più. Complessivamente, 8 italiani su 10 affermano di non avere voglia di fare sacrifici per cambia- re, diventare altro da sé. È l’astuzia operativa della soggettività che, nel flusso degli eventi inattesi degli ulti- mi anni, adesso esprime una inedita impermeabilità ai miti proiettivi, che può tracimare nell’esplicita rinuncia all’autopromozione individuale. Il bilancio? L’89,7% degli italiani di- chiara che, pensando alla sequenza di pandemia, guerra e crisi ambien- tale, prova tristezza, e il 54,1% ha la forte tentazione di restare passivo. È la malinconia a definire oggi il carattere degli italiani, il sentimento proprio del nichilismo dei nostri tempi, corrispondente alla coscienza della fine del dominio onnipotente dell’«io» sugli eventi e sul mondo, un «io» che malinconicamente è costretto a confrontarsi con i propri limiti quando si tratta di governare il destino. La privatizzazione dei rischi e il senso di insicurezza Al vertice delle insicurezze per- sonali degli italiani, per il 53,0% c’è il rischio di non autosufficienza e invalidità, il 51,7% teme di rimanere vittima di reati, il 47,7% non è sicuro di poter contare su redditi sufficienti in vecchiaia, il 47,6% ha paura di perdere il lavoro e quindi di andare incontro a difficoltà economiche, il 43,3% teme di incorrere in incidenti o infortuni sul lavoro, il 42,1% di dover pagare di tasca propria presta- zioni sanitarie impreviste. Eppure, nell’ultimo decennio i reati denun- ciati in Italia si sono ridotti comples- sivamente del 25,4%. Oggi siamo il Paese statisticamente più sicuro di sempre. I crimini più ef- ferati, gli omicidi volontari, sono dimi- nuiti dai 528 del 2012 ai 304 del 2021 (-42,4%). E sono in forte contrazione i principali fenomeni di criminalità predatoria: in dieci anni le rapine sono diminuite da 42.631 a 22.093 (-48,2%), i furti nelle abitazioni da 237.355 a 124.715 (-47,5%), i furti di autoveicoli da 195.353 a 109.907 (-43,7%). Nell’ul- timo decennio sono aumentate solo alcune fattispecie di reato: le violenze sessuali (4.689 nel 2012, 5.274 nel 2021: +12,5%), le estorsioni (+55,2%), le truffe informatiche (+152,3%). Una società «senza»: territori senza coesione sociale La mappa delle nuove fragilità sociali contempla innanzitutto le famiglie che vivono in condizione di povertà assoluta: sono più di 1,9 milioni (il 7,5% del totale), cioè 5,6 milioni di persone (il 9,4% della popolazione: 1 milione di persone in più rispetto al 2019). Di queste, il 44,1% risiede nel Mezzogiorno. I gio- vani 18-24enni usciti precocemente dal sistema di istruzione e formazio- ne sono il 12,7% a livello nazionale e il 16,6% nelle regioni del Sud, contro una media europea di dispersio- ne scolastica che si ferma al 9,7%. Mediamente nei Paesi dell’Unione europea la quota di 25-34enni con il diploma è pari all’85,2%, in Italia al 76,8% e scende al 71,2% nel Mez- zogiorno. È inferiore alla media L’onda negativa della dinamica demografica è particolarmente evidente nella scuola dell’infanzia La Rivista · Dicembre 2022 34
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