La Rivista
sacrifici per essere migliori, adesso risultano inceppati e la società in- dulge alla malinconia. Tra de-globa- lizzazione e prove di friend-shoring all’italiana: il riposizionamento la- tente del sistema economico. L’Italia post-populista La società italiana entra nel ciclo del post-populismo. Alle vulnerabi- lità economiche e sociali strutturali, di lungo periodo, si aggiungono adesso gli effetti deleteri delle quat- tro crisi sovrapposte dell’ultimo triennio: la pandemia perdurante, la guerra cruenta alle porte dell’Europa, l’alta inflazione, la morsa energetica. E la paura straniante di essere espo- sti a rischi globali incontrollabili. Da questo quadro profondamente muta- to emerge una rinnovata domanda di prospettive di benessere e si leva- no autentiche istanze di equità che non sono più liquidabili semplici- sticamente come «populiste», come fossero aspettative irrealistiche fomentate da qualche leader politico demagogico. La quasi totalità degli italiani (il 92,7%) è convinta che l’impennata dell’inflazione durerà a lungo, il 76,4% ritiene che non potrà contare su aumenti significativi del- le entrate familiari, il 69,3% teme che il proprio tenore di vita si abbasserà (e la percentuale sale al 79,3% tra le persone che già detengono redditi bassi), il 64,4% sta intaccando i ri- sparmi per fronteggiare l’inflazione. Cresce perciò la ripulsa verso privi- legi oggi ritenuti odiosi, con effetti sideralmente divisivi: per l’87,8% sono insopportabili le differenze eccessive tra le retribuzioni dei di- pendenti e quelle dei dirigenti, per l’86,6% le buonuscite milionarie dei manager, per l’84,1% le tasse troppo esigue pagate dai giganti del web, per l’81,5% i facili guadagni degli in- fluencer , per il 78,7% gli sprechi per le feste delle celebrities , per il 73,5% l’uso dei jet privati. Ma non si regi- strano fiammate conflittuali, intense mobilitazioni collettive attraverso scioperi, manifestazioni di piazza o cortei. Si manifesta invece una ritra- zione silenziosa dei cittadini perduti della Repubblica. Alle ultime elezio- ni il primo partito è stato quello dei non votanti, composto da astenuti, schede bianche e nulle, che ha se- gnato un record e una profonda cica- trice nella storia repubblicana: quasi 18 milioni di persone, pari al 39% degli aventi diritto. In 12 province i non votanti hanno superato il 50%. Tra le politiche del 2006 e quelle del 2022 i non votanti sono raddoppiati (+102,6%), tra il 2018 e il 2022 sono aumentati del 31,2% (quasi 4,3 milio- ni in più). Per porzioni crescenti dei ceti popolari e della classe media il tradizionale intreccio lineare «lavo- ro-benessere economico-democra- zia» non funziona più. L’ingresso in una nuova età dei rischi Privati del conforto di una te- leologia rassicurante e senza più credere alle radiose promesse del- la modernità, nella nuova età dei rischi i più cercano una profilassi per l’immunizzazione dai pericoli correnti. Nell’immaginario collettivo si è sedimentata la convinzione che tutto può accadere, anche l’indicibi- le: il lockdown , il taglio di consumi essenziali (dall’energia al carrello della spesa alimentare), la guerra di trincea o l’uso della bomba atomica. L’84,5% degli italiani è convinto che eventi geograficamente lontani pos- sano cambiare improvvisamente e radicalmente la propria quotidianità e stravolgere i propri destini. Il 61,1% teme che possa scoppiare un conflit- to mondiale, il 58,8% che si ricorra all’arma nucleare, il 57,7% che l’Italia entri in guerra. È l’assottigliamento del diaframma tra la grande storia e le microstorie delle vite individuali a generare nei nostri tempi la per- cezione di rischi che fanno sentire impotenti, al di là di ogni iniziativa di prevenzione alla propria portata, ricorrendo ad esempio alle copertu- re assicurative. Oggi il 66,5% degli italiani (10 punti percentuali in più rispetto al 2019 pre-Covid) si sente insicuro. I principali rischi globali La mappa delle nuove fragilità sociali contempla innanzitutto le famiglie che vivono in condizione di povertà assoluta La Rivista · Dicembre 2022 33
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