La Rivista
to gli insegnamenti universitari fino ad allora ospitati in diversi angoli della città. A renderlo unico è la de- corazione: una distesa policroma di migliaia di stemmi, dipinti o scolpiti lungo il porticato e sulle pareti inter- ne. Sono gli stemmi degli studenti, inevitabilmente di famiglia nobile o comunque altolocata, passati dall’U- niversità bolognese nel corso di due secoli, per poi, il più delle volte, restare in città a svolgere la propria professione iniettandovi – appunto – quell’energia non solo finanziaria che fece di Bologna uno dei grandi poli culturali ed economici dell’Italia centro-settentrionale. Nell’archigin- nasio, che dall’800 non ospita più l’università ma è sede della Biblio- teca comunale, si trova fra l’altro il bellissimo Teatro anatomico, pro- gettato nel Seicento da Antonio Pao- lucci (o meglio, la sua ricostruzione dopo i bombardamenti del 1944). È in questa sala che, attorno al 1315, vennero praticate per la prima volta al mondo autopsie umane a scopo unicamente didattico. Il racconto di 2500 anni di storia Ascolto il consiglio di Enzo e mi dirigo verso il Museo di Palazzo Pepoli, una delle sedi del progetto museale Genius Bononiae . Dalla ricostruzione del selciato di epoca etrusca al Novecento bolognese, dal- la Città delle lingue apprezzata già da Dante nel De Vulgari Eloquentia alla città delle arti, delle scienze e delle lettere, le 38 sale del percorso propongono un’immersione nel passato che trova qua e là vette di particolare icasticità: come nella ricostruzione dell’incoronazione di Carlo V, con il corteo papale e impe- riale diretto verso San Petronio in un percorso eccezionalmente fastoso (ma che costò diverse vite umane, a causa del cedimento della struttura adibita al passaggio del pesante cor- teo). Da qualche mese il Museo pro- pone anche una serie di giri virtuali nella città del passato: fra i cardi e i decumani della Bononia del I se- colo d.C., o fra le cento torri che nel Duecento rendevano lo skyline della città una prefigurazione medievale di Manhattan. O lungo il canale del Reno, che fino al Settecento alimen- tava centinaia di stabilimenti per la lavorazione della seta. Per quelli nati (come me) negli anni Sessanta, Bologna è stato il simbolo di una generazione: quella che si avviava a adottare massicciamente la liberazione dei costumi promossa Un agente di Clerville presidia l’ingresso della Cineteca la sera della prima del nuovo episodio della saga di Diabolik Reperti visivi d’antan in una suggestiva installazione realizzata nello splendido Museo della Storia di Bologna, ospitato in Palazzo Pepoli Vecchio La Rivista · Dicembre 2022 28
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