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La Rivista Elefante invisibile 1 Lavoro e/è vita? «L’amare il proprio lavoro (che purtroppo è privilegio di pochi) costituisce la migliore approssimazione concreta della felicità sulla terra: ma questa è una verità che non molti conoscono». di Vittoria Cesari Lusso 1 Una vecchia leggenda indiana narra di un elefante che pur muovendosi tra la folla con la sua imponente mole passava comunque inosservato. Come se fosse invisibile ... piacere, che offrono la soddisfazione di misurarsi con ostacoli abbordabili e che contribuiscono a dare senso alla propria vita?! Da cosa si capisce se lui o lei amano il proprio lavoro? Si svegliano con- tenti al mattino all’idea di fare quel che devono fare; provano soddisfa- zione alla sera per quel che hanno fatto; si abbandonano al sonno notturno senza troppe angosce. A questo punto sorgono però molte do- mande. Vediamone alcune. È quanto scrive Primo Levi a pagina 79 del suo libro La chiave a stella, edizioni Einaudi. Protagonista del suo racconto è Tino Faussone, un torinese operaio specializzato che gira il mondo montando gru, ponti sospesi e strutture metalliche varie. Levi narra di averlo incontrato alla mensa per stranieri in una fabbrica di un paese lontano. Faussone ama il proprio mestiere, ogni struttura da montare è per lui una sorta di creatura che merita di ricevere il meglio in fatto di impegno, ingegno e cure. Poco gli importa se ci sono difficoltà “ fare un lavoro senza nien- te di difficile, dove tutto vada sempre per diritto, dev’essere una bella noia, e alla lunga fa diventare stupidi. Io credo che gli uomini siano fatti come i gatti. Se non sanno cosa fare, se non hanno topi da prendere, si graffiano tra loro ” (p. 144). In effetti, cosa c’è di meglio sul piano esistenziale per un essere umano che riempire il tempo a disposizione ogni giorno con attività svolte con “ Dal punto di vista etimologico l’origine della parola lavoro è ricondotta in generale al latino labor che significa fatica La Rivista · Settembre 2022 27

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