La Rivista

La stessa SECO fa alcuni esempi di rallentamenti economici in corso in alcuni grandi aree. Per gli Stati Uniti gli esperti di Berna prevedono ora una crescita dell’1,8% nel 2022 (non più 3%) e dell’1,3% nel 2023 (non più 2,3%). Per l’Eurozona le previsioni sono di crescite del 3,2% nel 2022 (in aumento sul precedente pronostico di 2,8%) e dello 0,6% nel 2023 (in flessio- ne sul precedente 2,2%). Per il Regno Unito le previsioni SECO sono di 3,4% nel 2022 (non più 3,7%) e di 0,1% nel 2023 (non più 1,3%). Nel complesso la Segreteria di Stato dell’economia vede un quadro di crescita chiara- mente rallentata ma in cui, guardan- do allo scenario dall’osservatorio di fine settembre, non emerge la certez- za di una recessione annua mondia- le. Occorre ricordare che si ha una recessione tecnica quando ci sono due trimestri consecutivi con il se- gno negativo, ma che una vera e pro- pria recessione c’è quando il segno negativo si allunga all’intero anno. I prossimi mesi forniranno ulteriori risposte, in un senso o nell’altro, ma nel frattempo siamo a un marcato rallentamento economico, non a una recessione mondiale. L’inflazione Le maggiori banche centrali, inclusa la Banca nazionale svizzera, stanno aumentando i tassi di inte- resse per contrastare l’inflazione, che è troppo alta, in molti Paesi ben sopra quel circa 2% di media annua che era stata indicata da molti come soglia da raggiungere e mantene- re. Gli istituti centrali non stanno sbagliando ora, infatti adesso è inevitabile alzare i tassi e ridurre la liquidità, hanno in realtà sbagliato prima, sottovalutando ampiamente la risalita dell’inflazione e restando quindi troppo a lungo con i tassi ai minimi e con una maxi liquidità, ciò che le ha portate a decidere con ritardi l’inizio dei necessari rialzi dei tassi di interesse. Meglio tardi che mai, si può dire certamente, ma ne consegue che ora ci vorrà un po’ più di tempo per far tornare indietro un’inflazione ormai alta. Comunque, anche sul versante dell’inflazione la Svizzera tiene me- glio di molti altri Paesi. Certo, la Con- federazione non è un’isola e quindi anche qui ci sono rincari inusuali e dannosi. Ma sono ancora di taglia minore in rapporto alla gran parte delle aree economiche sviluppate. La SECO fornisce questi dati e previ- sioni sull’inflazione media annua in Svizzera: -0,7 nel 2020, 0,6% nel 2021, 3% nel 2022 (non più 2,5%) e 2,3% nel 2023 (non più 1,4%). In un conte- sto di inflazione crescente emerge maggiormente il vantaggio di avere una moneta forte come il franco, che rende oggettivamente meno caro l’import e fa da barriera contro l’im- portazione di ulteriore rincaro. Resta vero che un franco molto forte crea alcuni ostacoli in più all’export elve- tico, ma negli anni passati molte im- prese esportatrici svizzere si sono at- trezzate per affrontare gli effetti della valuta forte e d’altronde, senza nulla togliere all’importanza dell’export per la Svizzera, in una fase come l’attuale diventa appunto prioritario contenere il costo dell’import. L’Outlook di settembre dell’Orga- nizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (OCSE) fornisce previsioni anche sull’inflazione me- dia annua in diverse aree del mondo. Per l’insieme dei Pesi del G20, l’OCSE prevede 8,2% per il 2022 e 6,6% per il 2023; per gli Stati Uniti rispettiva- mente 6,2% e 3,4%; per l’Eurozona 8,1% e 6,2%; per il Regno Unito 8,8% e 5,9%. Come si vede anche da questi esempi, l’inflazione in Svizzera, pur essendo aumentata, rimane tra le più basse, o tra le meno alte se si preferisce. Per trovare tra i Paesi più sviluppati un’inflazione più contenuta di quella elvetica occorre guardare al Giappo- ne, per il quale l’OCSE prevede 2,2% nel 2022 e 2% nel 2023; ma è noto che Secondo la SECO la Svizzera ha registrato una flessione del 2,5% nel 2020 pandemico ed è poi risalita bene nel 2021, con un aumento del Prodotto interno lordo del 3,9% La Rivista · Settembre 2022 12

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