La Rivista
sche o secche, arbusti, corteccia, rovi, tanto da venire considerata sia una pulitrice dei boschi, sia una distrut- trice dei pascoli. Raramente la capra viene allevata in alta montagna. Fanno eccezione alcuni alpeggi dove convivono vacche e capre. Per restare in merito a questa tema- tica vorrei ricordare l’importanza che ancora oggi rivestono questi posti, con i loro carichi di anni, con i loro contributi alla salvaguardia di un inestimabile patrimonio, con il loro fascino di persone ancora dedite a lavori gravosi ed a sacrifici im- pensabili, a due ore di distanza dal frastuono della città, con i loro pro- dotti unici, singolari, difficilmente ripetibili anche giornalmente e sullo stesso alpe, con lo stesso latte, nello stesso ambiente, con lo stesso fuoco, con la stessa caldaia e con lo stesso casaro. Ogni partita, ogni casata racconta una storia. Una storia fatta di umori, di sapori, di gesti, di tradizioni, di lie- viti, di batteri, di mungiture, di erba e di fiori, di altitudini, di clima, di caldo e di freddo, di vento e di pioggia, di sole, di fuoco ed anche di fumo. In- somma una miriade di valenze che diversificano ogni giorno il prodotto che sostiene un’economia alpestre con i sussidi sempre più ristretti e sempre più esigui, porterà, se non si avranno direttive mirate, ad una scomparsa di queste importanti realtà. Importanti non solo da un punto di vista edonistico, del piacere di gustare quel tipo di formaggio, ma anche dal punto di vista socio-econo- mico: sentieri che spariranno, pascoli che diventeranno brughe incolte, alberi che si trasformeranno in fitte boscaglie sempre a rischio di incendi. Trentino -AltoAdige Una regione, due anime. Una cornice di incomparabile bellezza per racchiudere due culture. Una di influenza veneta, l’altra di ispirazio- ne mitteleuropea. Circa il 90% del territorio della regione è occupato dalle montagne, fra le più belle del mondo. Le valli incidono il paesag- gio alpino e ospitano popolazioni con origini di antica appartenenza. Convivono la cultura veneta e quella tirolese, sono vive e presenti le abi- tudini delle piccole minoranze: Ladi- ni, Cimbri e Mocheni. Amministra- zioni diverse hanno contribuito ad abitudini diverse che si riverberano nella quotidianità come nell’alimen- tazione. Ma il cibo supera le montagne, di valle in valle si fa conoscere, si man- tiene uguale, si piega alle interpre- tazioni. La vita di montagna unisce nelle abitudini degli alpeggi, negli spostamenti delle mandrie dai pasco- li invernali a quelli estivi, nei formag- gi preparati nelle malghe. Uniscono abitudini improntate all’economia del risparmio che ha inventato mille e più modi di conservare i cibi: le carni sono salate, il latte diventa formaggio fresco, stagionato, affumicato, gli scarti di lavorazione si insaporisco- no con la grappa e diventano crema piccante. Ricotta fresca negli gnocchi del Trentino, ricotta fresca nei ra- violi della Val Pusteria, la polenta si accompagna a formaggi a pasta più dura quali il Puzzone di Moena , lo Spressa e il Vezzena . I formaggi DOP e PAT dell’Alto Adige Unico formaggio dell’Alto Adige DOP è lo Stelvio , qualifica che viene assegnata ai formaggi le cui carat- teristiche speciali dipendono dalla zona in cui sono prodotti e promette un’alta qualità e autenticità. Lo Stel- vio è un tipico formaggio di mon- tagna, prodotto secondo un’antica ricetta dalla Latteria di Burgusio e dalla Cooperativa Latte Montagna Alto Adige a Bolzano. Il latte utiliz- zato proviene dai masi di montagna situati a oltre 1.000 m di altitudine. Dopo 60 giorni di stagionatura puoi assaggiare un formaggio aromatico, ideale per una merenda altoatesina. Ma la varietà di formaggi dell’Alto Adige comprende anche numerosi La Rivista L’Italia a tavola Cagliata messa in fascera La Rivista · Marzo 2022 93
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