La Rivista

era a portata di mano. Di lì a poco, l’americana IBM avrebbe fatto un sol boccone del mercato dei computer. E le sliding doors della storia, in un modo o nell’altro, avrebbero relegato l’esperienza Olivetti, al netto dei suc- cessi anche importanti che sarebbe- ro seguiti, nella dimensione del mito e della celebrazione postuma. Di quel passato però Ivrea rischia di rimanere prigioniera. Sotto il profilo economico (“ praticamente viviamo ancora sulle pensioni Olivetti ”, dice qualcuno), ma non solo. Anche se dal 2018 la Ivrea città industriale è entrata nel Patrimonio mondiale dell’Unesco, l’eredità storica attende di venire metabolizzata, per assume- re finalmente una forma definita. La Fondazione Adriano Olivetti tutela e valorizza da 60 anni il patrimonio culturale di Adriano, e altre iniziative provano a tramandare alle nuove ge- nerazioni il senso di quell’esperienza. Il Laboratorio-Museo Tecnologic@ mente permette ai ragazzi di acco- starsi alla produzione e alla filosofia industriale Olivetti; l’Associazione Archivio Storico Olivetti raccoglie e organizza gli innumerevoli docu- menti e materiali aziendali; l’Asso- ciazione “Il Quinto Ampliamento” unisce imprese ed enti no profit interessati all’economia civile e al pensiero olivettiano; e Icona, società immobiliare che raggruppa 18 soci paritari di Ivrea ed è proprietaria di una parte importante del patrimonio immobiliare Olivetti, grazie a un ac- cordo con il “Digital Innovation Hub” ComoNext, coordina l’insediamento nelle Officine di Ivrea di una comu- nità di imprese all’insegna dell’e- conomia circolare e della messa in comune delle competenze. La pan- demia ha rallentato i progetti, ma le intenzioni restano. Per raccontare l’esperienza è nata una bella rivi- sta, La rapidissima (è anche online: www.medium.com/larapidissima) . Progetti diversi per un tentativo comune: creare una continuità fra l’esperienza comunitaria di Adriano, un presente ancora incerto e un fu- turo tutto da inventare. Il futuro è nel patrimonio immateriale Non ha dubbi Marco Peroni, che insieme al musicista Mario Congiu ha portato in giro per l’Italia (due- cento serate, poi è arrivato il Covid) lo spettacolo Direction Home , nar- razione dell’avventura della Olivetti: “ baricentro della rinascita non pos- sono che essere i valori immateriali, che permettono di costruire espe- rienze e attrarre l’interesse del pub- blico attraverso le storie e il patrimo- nio simbolico di una comunità ”. Alla definizione del patrimonio immate- riale eporediese Peroni contribuisce anche provando a valorizzare la “ maestria canavesiana ”. Alla base, un’ipotesi affascinante: è possibile che la Olivetti sia diventata quello che è diventata grazie anche ad un “ terreno di coltura ” particolarmente propizio, fatto di maestrie diffuse? Vinattieri che realizzavano terraz- zamenti e mulattiere come opere d’arte, “magnin” (fucinatori) che riversavano le loro enormi capacità tecniche nelle carrozzerie dell’azien- da; e l’elenco sarebbe ancora lungo. Marco ci sta lavorando, e non è solo. Siamo arrivati alla fine, e mi accorgo che della città abbiamo parlato dav- vero poco. Ma forse no: in fondo, è proprio nelle pieghe dell’esperienza olivettiana che Ivrea si nasconde. Fra i negozi del corso e il Lungo Dora ornato del rosa dei fiori di ciliegio, fra il Museo Civico Garda con lo splendido gruppo ligneo quattrocentesco dell’Adorazione dei magi e le oneste trattorie che trovi dappertutto, fra il castello ancora pervaso dalle memorie del carcere, dismesso negli anni ‘70, e gli interni marmorizzati e barocchi della catte- Spazi di creatività nell’atrio della stazione ferroviaria, baricentro di un percorso “di socialità, di convivialità e di economia sociale” gestito dalla cooperativa ZAC! Zone attive di cittadinanza. Veduta notturna dal Ponte vecchio sull’abside e sul campanile della chiesa di San Grato, che si affaccia sulla Dora Baltea. La Rivista · Marzo 2022 54

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