La Rivista
che appariva ancora molto distan- te da questi argomenti, e che anzi, nonostante fosse responsabile di un fortissimo impatto ambientale e sociale, tendeva a storcere il naso quando gli veniva chiesta una mag- giore attenzione su questi temi. Il progetto nasce da me ( Alessio Bal- di è laureato in Economia Aziendale – ndr ), e Mihaela Badan, prototipista pellettiere. È stata una sorta di con- tinuazione della mia tesi di laurea: avevo infatti affrontato queste te- matiche, parlando di responsabilità sociale ed ambientale di impresa, e quello che era emerso era che i consumatori richiedevano sempre di più prodotti sostenibili, ma l’aspetto estetico rimaneva un fattore centra- le nelle scelte d’acquisto. L’offerta di prodotti di questo tipo, nel settore moda, era tuttavia scarsa, estetica- mente mediocre o di una fascia di prezzo elevata. La nostra idea era quella di proporre un prodotto moda che fosse da una parte sostenibile, ma che soddisfacesse il cliente an- che sul profilo estetico e fosse acces- sibile alla persona media. Quando è nato il marchio? Chi ha creato il nome “ecodream”? E perché proprio “dream”? Non è un sogno, stiamo parlando di cose reali. Nel 2015 abbiamo presentato il nostro progetto ad un percorso uni- versitario sull’avvio di impresa e sul mondo delle start up, Impresa Cam- pus UniFi, promosso dall’Incubatore Universitario Fiorentino (IUF), e oltre ad essere ammessi siamo stati pre- miati come miglior progetto d’im- presa al contest organizzato durante quell’edizione. Questo ci ha incorag- giato a concretizzare la nostra idea, e abbiamo quindi deciso di costituirci come azienda. Il nome del brand è stato per certi versi casuale, ma esprime un con- cetto preciso: in un momento storico dove ancora la moda era riluttante ad introdurre queste tematiche nel suo operato, il nostro sogno era di cambiare le logiche che avevano caratterizzato questo mondo, sogna- vamo un prodotto moda che non dovesse necessariamente avere un impatto ambientale e sociale nega- tivo, come invece sembrava impre- scindibile fino ad allora. Producete con metodi artigianali in un laboratorio di Borgo San Lorenzo, nei pressi del Mugello, in Toscana. Quante persone sono impiegate? È stato difficile trovare artigiani per questa produzione innovativa? La nostra produzione viene svol- ta in parte nel nostro laboratorio, mentre in parte ci affidiamo ad arti- giani esterni, preziosi collaboratori che sono stati fondamentali per im- plementare il nostro progetto. Trova- re artigiani con cui collaborare non è facile, perché nonostante il nostro sia un territorio ricco di imprese pellettiere ed artigiane, la stragrande maggioranza fa parte dell’indotto dei grossi marchi della moda, e non sempre sono propensi a collaborare con realtà emergenti. Ma per fortu- na, non senza difficoltà, abbiamo tro- vato dei validi collaboratori. Anche se dobbiamo ammettere che, soprat- tutto all’inizio, hanno un po’ faticato a capire ed accettare il nostro ap- proccio e la nostra filosofia, abituati a quelle dinamiche che da sempre hanno caratterizzato questo mondo, dove di sostenibilità proprio non si parlava. Il nostro team è comunque composto da sette collaboratori. Utilizzate esclusivamente materiali riciclati provenienti da scarti di lavorazione tessile: cotone, lino, pelle sintetica, pellami, sacchi di juta e camere d’aria. Il nostro progetto è nato dalla vo- lontà di recuperare almeno una par- La Rivista · Marzo 2022 38
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