La Rivista

del rinomato Palazzo Grassi, sito nel sestiere di San Marco e affacciato sul Canal Grande, che, come residenza della famiglia, prese il nome di Palaz- zo Grassi-Stucky, da lui subito arric- chito con un’importante collezione artistica (V. Farinati, op. cit. , p. 437). La vita dell’uomo più noto e più ricco di Venezia, fu però stroncata da mano assassina all’età di 67 anni. La fine di una dinastia La sera del 21 maggio 1910, alle ore 18,40, Giovanni Stucky, arrivava alla stazione ferroviaria con il figlio Giancarlo per prendere il treno delle 18,56 per Portogruaro, dove era atteso per una cena di lavoro. All’improv- viso, un uomo sbucato dal nulla, si avventò su Giovanni e, con un colpo netto di rasoio, gli tagliò la gola. L’as- sassino, un certo Giovanni Bruniera, fu prontamente arrestato e poi con- dannato con l’accusa di essere anar- chico fuori di senno (Helmut Stalder, Giovanni Stucky: Der Müller von Venedig , in «Beobachter», n. 24 Zurigo 2010, pp. 16-18). Il cordoglio fu im- menso. Tra gli oltre mille telegrammi di condoglianze c’erano anche quelli di Papa Pio X e dell’allora Presidente del Consiglio Luigi Luzzatti. Le maggiori partecipazioni al lutto furono quelli dei suoi operai di Porto- gruaro che piansero il loro benefatto- re. L’eredità passò al figlio Giancarlo, nato a Venezia il 3 novembre 1881, che, come le sorelle Maria, Luisa e Giannina, aveva seguito gli studi in Svizzera, frequentando prima l’Istitu- to Erica alle Rötelstrasse 55 di Zurigo e poi il locale Politecnico federale. Giancarlo, oltre all’industria moli- toria, allargò i suoi interessi ad altri settori, fondando tra l’altro, la società produttrice di Superpila , il celebre marchio di batterie. La crisi economica del 1929, l’autar- chia e la politica fascista del grano italiano , e quindi i suoi cattivi rappor- ti con il regime, che lo riteneva uno straniero in quanto aveva mantenuto la cittadinanza svizzera, causarono la rovina finanziaria di Giancarlo Stucky, che si spense a 60 anni, il 18 ottobre 1941. Alcuni dicono per crepa- cuore o infarto altri per suicidio. La seconda tesi potrebbe essere avva- lorata dal testamento redatto quattro mesi prima, nel quale Giancarlo, tra l’altro, aveva scritto: «Ho sempre usa- to il denaro per creare, seguendo l’e- sempio di mio padre, il mio patrimo- nio è andato in fumo, mio malgrado. Sono l’ultimo degli Stucky a Venezia e desidero che dopo la mia morte questo nome rispettato appaia soltan- to nel cimitero di San Michele, dove riposano i miei cari che ho amato più di tutto» . Per Lavina Cavalletti «l’ipo- tesi del suicidio» è una «leggenda da sfatare» e dunque «da smentire cate- goricamente, sia per il suo profondo senso religioso. Sia per il rispetto che aveva nei confronti della madre, un tale gesto avrebbe aggravato il dolore di una donna già provata dagli even- ti» (L. Cavalletti, op. cit. , p. 316). Ai funerali, che si tennero nella chie- sa di Santo Stefano, «una notevole parte dei convenuti fu costretta a sostare all’esterno» . L’amico Giuseppe Volpi conte di Misurata (1877-1947), già governatore della Tripolitania e Ministro delle Finanze, presidente della Biennale e di Confindustria, inviò una gigantesca corona di fio- ri. A reggere i cordoni della bara di Giancarlo c’era anche l’amico di una vita, il senatore Vittorio Cini (1885- 1977), Ministro per le Comunicazioni nell’ultimo gabinetto Mussolini, internato poi dai nazisti a Dachau, da dove riuscì a evadere e a raggiun- gere con il figlio Giorgio la Svizzera, dove si era rifugiato, per sfuggire alle rappresaglie nazifasciste, anche il conte Volpi con la famiglia. Nel 1951, Vittorio Cini, in ricordo proprio del figlio Giorgio (1918-1949), morto tragicamente il 31 agosto 1949 in un incidente di volo a Cannes, avrebbe creato la Fondazione Giorgio Cini , un’istituzione culturale, primo esem- pio in Italia di realizzazione di un organismo privato che pone tra le sue finalità principali la ricerca uma- nistica. La Fondazione, con sede nel complesso monumentale dell’isola di San Giorgio Maggiore, posta davanti a Piazza San Marco, oltre alle proprie attività di ricerca, mostre e convegni, spettacoli e concerti, accoglie, ancora oggi, simposi e meeting di qualificate organizzazioni scientifiche e culturali e ospita iniziative di assoluta impor- tanza nel campo dei rapporti interna- zionali, tra i quali ci sono stati anche i due incontri del G7 svoltisi nel 1980 e nel 1987. La Fondazione Giorgio Cini ha sede nel complesso monumentale dell’isola di San Giorgio Maggiore, posta davanti a Piazza San Marco La Rivista · Giugno 2022 71

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