La Rivista

come, invece, sarebbe successo nel 1853 agli oltre 6.000 ticinesi residenti nel Lombardo-Veneto, espulsi come riposta al sostegno del loro Cantone alla causa italiana. Tra le poche imprese che continua- rono la loro attività ci fu il molino di San Girolamo, tollerato come indis- pensabile al sostentamento della città, ma le difficoltà economiche erano enormi anche perché i debiti contratti dalla Repubblica Veneta per le ingenti forniture alla città non furono onorate dalla nuova ammini- strazione austriaca. Per mancanza di commerci esterni, la situazione del mulino si complicò sempre più. Per sopravvivere, nel 1858, l’impresa fu trasformata in società per azione e, nel 1860, fu posta sotto ammini- strazione giudiziaria. Dopo la morte di Oexle, il 22 aprile 1864, la gestione passò sotto il figlio Friedrich Junior, che nel 1870 fu costretto a chiudere per sempre. In previsione del fallimento, già nel 1865, all’età di 52 anni, Hans Stucky si trasferì con la famiglia in quella Marca Trevigiana, dove era già stato da ragazzo per intraprendere una attività tutta sua. Si stabilì, quindi, a Mogliano Veneto, posto all’estremità sud della provincia di Treviso, tanto da confinare con lo stesso comune di Venezia, dove prese in affitto due mu- lini posti a poca distanza dalla sua nuova residenza: l’uno a San Martino e l’altro a Marocco. Nello stesso anno fu raggiunto dal figlio maggiore, Gio- vanni, allora ventiduenne che prese in gestione un mulino ubicato Al Chiodo , presso Porta San Tommaso di Treviso, trasformandolo a cilindri a sistema ungherese , affiancato da un pastificio. Sfruttando le sue cono- scenze acquisite nel corso dei suoi soggiorni all’estero, intraprese l’atti- vità di commercio internazionale di cereali, fornendo granaglie anche ad altri mulini. Il sistema molitorio ungherese I mulini del padre e quelli del fi- glio non entrarono mai in concorren- za. Anzi, i due, lavoravano di comune accordo e la convivenza era molto amichevole. Infatti, come, testimonia Lavinia Cavalletti, «la passione per il mestiere li univa, l’esperienza dell’u- no e l’aggiornamento sulle tecniche più moderne dell’altro faceva di loro una coppia di mugnai professional- mente molto preparati e diversi degli altri della zona» . Giovanni, come detto, aveva già fatto alcune esperienze di lavoro molto interessanti. A 13 anni aveva abbandonato la scuola per andare a lavorare con l’impresa edile inglese Neville, che si occupava di costru- zione e manutenzione dei ponti della Laguna e di tanti altri lavori. A 16 anni, come era costume svizzero, aveva lasciato la famiglia per andare a fare esperienza di vita. Il suo inte- resse precipuo era sempre quello per l’arte molitoria. Lavorò, infatti, sem- pre presso ditte che si occupavano delle nuove tecniche e degli impianti di nuovi mulini. Per questo motivo si era recato in Ungheria, dove era attivo lo svizzero Abraham Ganz, già amico e collega di suo padre a Frau- enfeld, che, tra l’altro, gestiva alcuni mulini che sfruttavano le correnti del Danubio Ganz era un personaggio molto im- portante, tanto che, nonostante fosse stato accusato di aver sostenuto la rivolta ungherese del 1848-‘49 contro l’Austria, persino con la fusione di diversi cannoni, era stato non solo condonato ma anche favorito nelle sue future attività. Non si era tratta- to, comunque, di fortuita clemenza, ma, piuttosto di un calcolo politico. L’ingegnere svizzero poteva essere utile all’Impero per le sue vaste cono- scenze tecniche e meccaniche. Egli avrebbe, infatti, conseguito diversi importanti brevetti, tanto da meritare, nel 1865, un’altissima onorificenza da Palazzo Grassi, per qualche tempo proprietà e residenza della famiglia Stucky. La Rivista · Giugno 2022 69

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