La Rivista

16 euro che con bevande e coperto raddoppiano come niente. Sul pri- mo, affollatissimo rio terà (canale interrato) della strada che porta a San Marco i dehors si alternano alle vetrine dei bar, dove si ammassano frittelle alla Nutella e cannoli dai ripieni dai colori innaturali: gusto mango fragola albicocca pistacchio. Sui tavoli ovunque troneggia l’aran- cione fluorescente degli spritz. Che d’altronde è da queste parti che è nato. Già nell’Ottocento, pare, quando i soldati austriaci allungavano con l’acqua frizzante i vini locali troppo alcolici: spritzen bitte !. Essenza dell’esperienza turistica L’invasione di qualche anno fa è un ricordo: la pandemia fa sentire ancora un po’ di coda, e i russi sono scomparsi. Ma l’effetto della folla qui è sempre impressionante: Venezia è pur sempre la città più turistica del mondo. Ci vengo più o meno rego- larmente da trent’anni, e ogni volta all’arrivo la sensazione è la stessa: ti sommerge con la sua bellezza, e in- sieme ti fa venir voglia di scappare: per sfuggire all’assedio, per evitare i venditori di maschere e souvenir made in China ammassati sulle ban- carelle, oggi gestite soprattutto da venditori indiani. Ma poi entri nella prima chiesa che capita, giusto per ripararti qualche minuto dalla calura umida di questo bollente scorcio d’estate, e gli occhi cascano su una tela di Tintoretto o di Tiziano, su una pala di Giovanni Bellini o su un affresco del Veronese. E subito torni ad amarla, questa cit- tà che, come sintetizza il sociologo Robert C. Davis, “ incarna come nes- sun altro luogo al mondo l’essenza dell’esperienza turistica ”; questa “ destinazione quasi irreale che offre panorami meravigliosi, spensierate fantasie e, soprattutto, romantici- smo ”. E infatti è davvero un attimo, qui, oltrepassare la soglia strettissi- ma che separa l’eleganza dal kitsch. Il mio vicino di tavolo si alza prima di poter approfondire il discorso, peccato. Ma ha proprio ragione: Venezia è una e centomila. La sua è una storia unica al mondo i cui capi- toli sono anche leggenda: i milioni di pali, confitti nel fango e pietrificatisi nei secoli, su cui poggiano le fonda- menta dei suoi edifici; Marco Polo e la scoperta dell’Oriente; la potenza marinara e quella commerciale; le commedie di Goldoni e le follie del carnevale. A Venezia persino l’indu- strializzazione ottocentesca prende forme aggraziate, con l’eleganza del Molino Stucky, non a caso oggi tra- sformato in un cinque stelle di lusso, Uno degli scorci più celebri di Venezia: il Canal Grande al tramonto visto dal  ponte dell’Accademia L’elegantissimo cortile interno del Fontego dei Tedeschi. Edificato nel tredicesimo secolo, deve il suo nome all’origine commerciale dell’edificio, destinato originariamente ad accogliere le merci provenienti dalla Germania. Durante la Biennale ospita una scenografica installazione di Leila Alaoui intitolata “Oriente”. La Rivista · Giugno 2022 62

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