La Rivista

tivo che predilige l’efficienza dell’ac- quisizione di determinate compe- tenze tecniche, misurabili attraverso l’assegnazione dei voti scolastici, alla profondità della trasmissione del sapere. Nella formazione degli insegnanti, infatti, non è importante curare il loro Allgemeinwissen , cioè la cultura generale, che dovrebbe essere la base su cui organizzare le proprie lezioni. Tutto è, invece, orientato verso la didattica, cioè ver- so la corretta applicazione di quello che viene consigliato dai manuali e dagli specialisti. In altre parole: credo che la maggioranza degli in- segnanti possiedano effettivamente gli strumenti necessari per svolgere al meglio il proprio lavoro, ma non sono per niente sicuro che conosca- no a fondo la materia che devono insegnare. Una delle domande che mi sono po- sto, preparando il mio seminario, è proprio questa: si può insegnare una lingua, come il tedesco, senza posse- dere un minimo di informazioni so- ciolinguistiche e storiche su di essa? La risposta è, purtroppo, sì. Questo è stato reso possibile dall’inesorabile ridimensionamento dello studio di certe materie umanistiche nell’edu- cazione scolastica a tutti i livelli. Io, invece, sono convinto che sia im- portante almeno possedere delle in- formazioni generali sulle origini del- la lingua tedesca, sui legami con le altre lingue germaniche, sui prestiti lessicali dal latino e da altre lingue antiche/moderne, sulla letteratura medievale (per es. il Nibelungenlied o la poesia dei Minnesänger ), sulla traduzione in tedesco della Bibbia fatta da Lutero, sulla redazione delle prime grammatiche e dei vocabolari con la conseguente cri- stallizzazione di determinate regole ancora valide oggi (per es. l’uso delle lettere maiuscole per i sostantivi), sulle ricerche linguistiche compiute nell’Ottocento da noti filologi (per es. i fratelli Grimm) e quelle sociolingui- stiche, compiute in anni più recenti, sull’uso dei dialetti (per es. in area alemanna o bavarese) e degli slang giovanili (per es. nelle aree metropo- litane tedesche). Sono un po’ tradi- zionalista… antico… lo ammetto. Mi piace ancora un approccio didattico ad ampio respiro e non specialistico. Le lingue evolvono Perché ho deciso di presentare questi temi nei miei seminari? Per- ché vorrei far capire che le lingue (e quindi anche l’italiano) si evolvono attraverso modifiche grammaticali e lessicali di ogni tipo. Prima di par- lare di “errore”, forse bisognerebbe chiedersi i motivi per cui vengono commesse certe devianze. Si tratta di semplice ignoranza/trascura- tezza/incapacità oppure di naturali strategie usate per rendere più sem- plice la comunicazione? E così ho spiegato che deutsch si- gnifica letteralmente “appartenente al popolo”. L’esigenza di farsi capire nella lingua delle persone comuni era molto sentita fin dalle prime testimonianze scritte della lingua tedesca. A San Gallo, per esempio, nell’VIII secolo è stato redatto il pri- mo vocabolario latino-tedesco (chia- mato dagli specialisti Abrogans ) per i monaci che traducevano testi di carattere prevalentemente religioso per farsi capire dai fedeli. Ho detto che la frammentazione dia- lettale del mondo linguistico tedesco è un dato di fatto storicamente atte- stato fin dalle prime testimonianze scritte risalenti all’VIII secolo. Per diverso tempo nei centri scrittori dei monasteri alemanni, bavaresi, fran- coni e basso tedeschi venivano usa- te regole ortografiche molto diverse e dalle cosiddette devianze (per es. <k> al posto di <ch> ) si poteva capire l’origine del copista di un mano- scritto. Oggi i messaggi elettronici rispecchiano sostanzialmente la stessa “anarchia” delle origini. Basta eliminare i programmi di correzione e ognuno scrive come vuole (per es. Kommst du mit uns ? “Vieni con noi?” può essere scritto nella Svizze- ra tedesca con Chommsch mit üs ? Chummsch mit eus ? Chummsch mit us ?, ecc.). Visto che tra i partecipanti al semi- La Rivista · Giugno 2022 54

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