La Rivista

memoria, dalla quale sono riemerse. Una volta recuperate hanno creato la possibilità di svolgere la sua attività anche al di fuori degli ospedali e delle cliniche, operando là dove è molto più necessario, concretizzando in tal modo un’azione di volontariato al servizio di chi ne ha più bisogno. Fin da subito il progetto ha convinto tanti colleghi studenti che il professore ha incrociato nel corso degli anni. Fra i paesi in cui hanno iniziato ad operare ve n’è uno in particolare: la Sierra Leone, dove la guerra civile, scoppiata per il controllo delle mi- niere di diamanti presenti nel nord del paese, ha avuto effetti terrificanti tra la popolazione. Vittime sono stati proprio i bambini - le cronache par- lano di sessantamila nei primi tre mesi del ’99 - ai quali la guerriglia ha intenzionalmente amputato mani, piedi, orecchie, nasi al solo scopo di creare una situazione insopportabile per il Paese, anche dal punto di vista emotivo. In quel periodo, il progetto ha potuto contare sul sostegno finan- ziario del governo italiano, tramite fondi della Direzione generale per la Cooperazione e lo Sviluppo del Mini- stero degli Affari Esteri, che ha con- sentito di creare un ospedale a Make- ni, che hanno gestito per tre anni di fila, riuscendo a completare, su tutto il territorio, un censimento dei bam- bini che avevano subito amputazioni. In seguito, analoghi programmi sono partiti in Kenya, in Burkina Faso, in Uganda. Poi, la grande svolta, allargando il raggio d’azione all’India, dove la so- cietà è ancora strutturata per caste, nella zona rurale del Maharashstra, dove ormai da 8 anni sono diventati una presenza irrinunciabile. Infatti, pur se la priorità restano i bambini, i progetti del GICAM sono un rico- nosciuto riferimento e un presidio medico chirurgico per un’area e una popolazione di circa un milione di persone. Una precisa identità Fin dall’inizio, il GICAM si è data una sua precisa identità. Innanzi- tutto, i fondi raccolti sono destinati a sostenere esclusivamente l’attività medico chirurgica. Inoltre, tratto dis- tintivo inalienabile, in Africa e in In- dia viene praticata la stessa chirurgia che si pratica a Locarno, a Praga, a Montréal, a Sydney a Milano e Roma. In nessun caso si tratta di chirurgia di “serie B”. Nelle missioni non viene coinvolta gente che “ deve farsi le ossa ”, ma gli stessi professionisti che operano nei grandi ospedali. Per essere chiari: il luminare capo della chirurgia pla- stica di Praga, è uno dei chirurghi di punta del GICAM e appena può si ri- taglia un paio di settimane, parte per l’India con tutto il suo staff e laggiù fa delle cose straordinarie. Nelle loro missioni sono spesso confrontati con casi che in Europa e America non si vedono più. Ustioni pazzesche, deformazioni trauma- tiche, che richiedono uno studio e una creatività maggiore di quelli su cui si è soliti far leva. Altro elemento distintivo: GICAM cura i poveri, anzi i più poveri fra i poveri, coloro ai quali un’altra possibilità sarebbe preclusa. Infine, tutti i professionisti di GICAM sottoscrivono un documento etico, che li impegna ad avere un com- portamento sempre rispettoso del paziente e della realtà dove egli vive, sempre cercando di capire le situa- zioni e mai imponendo un diverso modo di pensare o di agire. Accanto ai risultati, è anche per que- ste ragioni che il GICAM è ritenuto credibile. Le persone che lo avvici- nano capiscono che possono fidarsi perché i criteri per valutare il lavoro sono evdienti. La chirurgia della La Rivista · Giugno 2022 47

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