La Rivista

lavoratori italiani, la comunità lar- gamente più numerosa a quei tempi, il futuro divenne più incerto, anche a causa, non dimentichiamolo, di iniziative politiche che miravano a ridurre il numero degli stranieri. La Svizzera cessò così di essere una terra ricca di prospettive. L’idea di un ritorno in Italia per aprire magari un negozietto o una piccola officina di- ventò allora un progetto largamente condiviso. Per realizzare tale progetto occorreva però avere in tasca almeno una licenza di scuola media inferio- re. A Basilea, come in altre località svizzere, nacquero così molteplici iniziative per offrire tale opportunità a un gran numero di italiani e italia- ne di prima generazione . Bruna natu- ralmente ne fu uno dei motori, nello spirito delle “150 ore”. Le “150 ore” e le spinte innovative degli anni Settanta nel campo della formazione degli adulti In cosa consistevano le 150 ore? In un monte ore massimo di 150 ore, appunto, di permessi retribuiti ac- cordati ai lavoratori da impiegare in progetti volti a migliorare la propria formazione personale . Tale “nuovo diritto” venne riconosciuto in Italia a partire dal 1973, in occasione del rinnovo del contratto nazionale dei metalmeccanici. Un’opportunità inte- ressante socialmente e culturalmen- te. Ovviamente tale agevolazione non valeva in Svizzera, ma l’idea che un adulto potesse continuare a migliora- re la propria formazione lungo tutto il corso della vita era stata lanciata. Fu così che - tornando a Basilea - in quel periodo storico l’ECAP orga- nizzò nell’arco di alcuni anni una serie di corsi di recupero della scuola dell’obbligo. Aneddoticamente si può ricordare che all’epoca il quartier generale organizzativo dell’ECAP di Basilea consisteva in una stanzetta riscaldata con una stufa a carbone e arredata con materiale d’ufficio di recupero nell’antico quartiere operaio St Johann. Ambiente tipo “Bohème”, insomma. Il coraggio delle fondatrici fece sì che nei decenni successivi l’ECAP di Basilea si impegnasse in un nume- ro crescente e variegato di attività formative anche a favore di altre col- lettività immigrate, rendendo di con- seguenza indispensabile il trasloco in locali sempre più ampi e adeguati alle sempre più ampie responsabilità. Bruna, in quanto amministratrice, as- sunse tali responsabilità in modo al tempo stesso oculato e lungimirante, ponendo così le fondamenta di un solido edificio. Oggi, vale la pena di ricordarlo, l’ECAP continua a esistere ed è diventato un’importante istitu- zione nel campo della formazione continua degli adulti. Va messo in evidenza che già in quel lontano periodo il grande merito delle figure responsabili dell’ECAP, Bruna Miggiano in prima fila, non è stato soltanto quello (comunque considere- vole) di organizzare corsi, raccogliere iscrizioni, reclutare docenti, cercare fondi, proporre programmi secondo gli standard abituali, ma si è carat- terizzato in un costante impegno teso a promuovere parallelamente la qualità degli interventi attraverso innovazioni didattiche, pedagogiche e culturali, e l’analisi critica dei ri- sultati man mano ottenuti. Progetti che si avvalsero del contributo di una rete di valenti specialisti e ricercatori internazionali nel campo dell’appren- dimento in età adulta. Ciò diede vita a nuovi modelli socio-formativi meglio adeguati alle esigenze del pubblico di riferimento e destinati ad essere ripresi decenni dopo da non poche istituzioni operanti in campo educa- tivo e accademico. In tale ottica, già negli anni Settanta l’ECAP di Basilea si fece promotrice di due iniziative innovative: un convegno sul tema dei bisogni formativi delle donne italiane emigrate e l’istituzione di un servizio di Kindergarten per le donne che fre- quentavano i corsi. Si deve altresì a Bruna, amministra- trice dallo spirito scientifico, l’essersi letteralmente battuta per la creazione di un Ufficio studi e ricerche (siamo negli anni 1985-90) nel campo della La Rivista Elefante invisibile 1 La Rivista · Giugno 2022 44

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