La Rivista

pria identità personale innovazione e consapevolezza delle origini, cura di SÈ e generosa attenzione agli ALTRI, libertà e responsabilità. Agli antipo- di, in sostanza, rispetto a chi intende la modernità come la libertà egocen- trica di fare solo quel che gli aggrada, senza curarsi del bene comune. Moglie, madre e nonna postmoderna Bruna è stata una figura femmini- le lontana anni luce sia dagli stereo- tipi della donna che subisce i modelli arcaici del passato (probabilmente nel suo Friuli, come in altre regioni del Nord, era in buona compagnia), sia da quelle figure femminili con- temporanee che si affermano in perenne contrapposizione al mondo maschile, e che considerano la fem- minilità e la maternità ostacoli insor- montabili alla propria realizzazione. Ho conosciuto Bruna a Basilea nella seconda metà degli anni Settanta. Lei era approdata nella città renana una manciata di anni prima. Aveva pre- cedentemente vissuto a Roma, Torino e in California. Volendo ricorrere a una frase di uso comune si potrebbe dire che ha “seguito il marito”. Ma nel suo caso, gli spostamenti non furono certo dettati da scelte unilaterali del pater familias , ma frutto di progetti decisi in comune. Va ricordato che Bruna diventò moglie e mamma giovanissima a diciotto anni appena. Suo marito, Vincenzo Miggiano, il grande amore della sua vita, era an- che lui poco più di un ragazzo poiché di anni ne aveva soltanto 21. Bruna non solo non rinunciò al lavoro dopo la maternità, bensì fu lei il sosten- tamento principale della giovane famiglia nei primi anni di vita comu- ne. Ciò per permettere a Vincenzo di terminare gli studi in medicina e di diventare poi un brillante docente e ricercatore destinato a una presti- giosa carriera nel campo dell’immu- nologia. Come madre il suo essere postmo- derna la portò a crescere tre figli, dei quali è sempre andata molto orgo- gliosa, senza mai rinunciare ai suoi interessi professionali e culturali. A sentire lei, si trattava di sapersi orga- nizzare e di lasciare autonomia alla prole man mano che ciò diventava possibile. Si trattava insomma di vivere la gioia di avere dei figli, pur senza esserne schiava, e senza aspi- rare per forza all’identità prescritta a molte donne: diventare un angelo del focolare, una brava cuoca e una casalinga degna degli spot pubbli- citari; oppure - se sposi uno ricco – un’annoiata moglie borghese che delega tutto alla servitù. Oggi mi dico: che peccato non aver chiesto a Bruna di spiegare alle giovani generazioni come ha fatto! Quando diventò nonna si impegnò con entusiasmo su due fronti: colti- vare le relazioni con i nipoti, e offrire sostegno ai giovani genitori, in par- ticolare alla figlia più vicina geogra- ficamente. Mi ricordo di aver sentito quest’ultima esprimere la sua ricono- scenza dicendo: grazie mamma! Tu fai parte della qualità della mia vita! Inoltre, Bruna, coadiuvata da Vincen- zo, seppe fare un altro “regalo” alla sua discendenza: trovare il modo di far crescere un legame tra i suoi cin- que amati nipoti malgrado vivessero in contrade diverse. Come? Piazzan- do il suo camper in un campeggio dell’Adriatico e invitando ogni anno per le vacanze estive la giovane tribù a passare un paio di settimane tutti assieme. Una promotrice di opportunità formative In vari periodi della sua vita Bruna ha esercitato la professio- ne di contabile e amministratrice, mostrando sia ammirevoli doti di promotrice di eventi e di opportunità, sia - come si direbbe oggi - “capacità di visione” e coraggio non comuni nell’aprire nuovi orizzonti. A titolo di esempio vorrei citare un pezzo di storia degli anni Settanta, quando Bruna, assieme ad un’altra indiscussa protagonista delle inno- vazioni formative destinate agli im- migrati, Cristina Allemann-Ghionda, fondò l’ECAP di Basilea, sulla scia di quanto esisteva già a Zurigo e avvalendosi della collaborazione di importanti associazioni quali le Colo- nie Libere Italiane. L’ECAP (acronimo di Ente Confederale Addestramento Professionale) fu tra i principali promotori di attività di formazione continua per i lavoratori italiani in Svizzera, quali corsi di tedesco, di qualificazione professionale e di recupero della scuola dell’obbligo. Quando conobbi Bruna, nel 1975, l’attività dell’ECAP di Basilea era agli albori. Sul piano sia economico che sociale il periodo storico era molto particolare. Sono gli anni della crisi petrolifera conseguenza della guerra arabo-israeliana dello Yom Kippur (ottobre 1973) e dell’embargo decre- tato dall’OPEC sui prodotti petroliferi. La crisi colpì molti paesi Occidentali. Ad aggravare la situazione in Sviz- zera si aggiunsero anche le difficoltà di uno dei settori elvetici più fiorenti, quello orologiero, con la conseguente chiusura di centinaia di manifattu- re, piccole e medie, e con ondate di licenziamenti in particolare tra la manodopera immigrata. Per molti La Rivista · Giugno 2022 43

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