La Rivista

La Rivista Editoriale e più illustre. “ Venezia! - sospirava, int- teroggandosi poco meno di due secoli, fa Guy de Maupassant - Esiste un nome nelle lingue umane che abbia fatto so- gnare più di questo? ”. È vero. Sono passati i tempi – confes- so che, fortunato, li ho vissuti - in cui smarrirsi – a piedi, perché questo è l’uni- co mezzo di locomozione per conoscerla - era il vero modo per visitare Venezia. Perché, come scrive Tiziano Scarpa “ pri- ma ancora che un’anomalia urbanistica, è un modo inedito di visitare il mondo, è l’esistenza reinventata da cima a fon- do, è un laborioso e delicato capriccio dell’essere ”. D’altronde, non ci sono più i luoghi nascosti della Venezia meno nota e si- curamente più autentica, neppure una corte sconta (fra le tante e talune, a suo tempo, gastronomicamente delizianti) è ormai rimasta preclusa agli indiscreti e ai forestieri. È fulminante il realismo di Francesco Guccini che canta(va) “ Venezia che muore, Venezia appoggiata sul mare. La dolce ossessione degli ultimi suoi giorni tristi, Venezia, la vende ai turisti, che cercano in mezzo alla gente, l’Europa o l’Oriente ”. E ha ragione Nico Tanzi nel suo bell’arti- colo (pag 61 e seguenti su questo numero della Rivista ) sostenendo che, rispetto a quella degli artisti e dei viaggiatori dell’Ottocento, “ meno fiabesca, certo, (è ) la contemporaneità, con le sue contrad- dizioni, gli interrogativi sul domani, le polemiche. La città svuotata e trasfor- mata in un enorme bed and breakfast . Negli anni scorsi la pandemia ne ha dato una dimostrazione traumatica: strade deserte, palazzi chiusi, sestieri abbandonati. E poi, l’assedio dell’ac- qua alta e la diga del Mose, finalmente funzionante ma dal futuro fortemente problematico, anche solo per i costi di gestione ”. Oggi, Venezia è vittima del suo fascino inesauribile, dei suoi mille colori, del mistero delle sue nebbie, del ridondante intreccio delle sue calli, della eterna sor- presa dei suoi campi e campielli. I numeri – per quanto quasi mai certi, ancor meno certissimi, contradditori prim’ancor che improbabili – non lascia- no scampo. Nel 2019, l’Istat colloca Venezia (che conta poco più di 50’000 residenti!) al 2° posto tra le città italiane più visitate, con 12.948.519 di presenze. Altre fonti vagheggiano addirittura di 30 milioni. Comunque sia, cifre incompatibili, in termini di ingombro di ogni tipo, con la fragilità della città lagunare che, con il pass e con il numero chiuso, vuole limitare gli effetti dannosi del cosiddetto overtourism . Pertanto, prim’ancora di calcolo economico, si tratta di gestione del turismo. Come questa troverà (felice?) applicazio- ne, si prospetta assai complicato. Agli intralci derivati dall’effettivo riscontro e controllo anche della mobilità tempo- ranea di residenti e di soggiornanti, in particolare nei giorni (da bollino nero) considerati ad alta frequenza, quindi con pass d’entrata più caro (fino a 10 euro a persona), tra l’altro, si sommano quelli presumibili intrecciati al diritto alla pri- vacy dei singoli cittadini, evitando, per sovrappiù, il rischio che in futuro visita- re Venezia diventi un lusso per un élite di privilegiati. Lo scopriremo nel breve volgere di qual- che mese. Certi di poter continuare a smentire Charles Aznavour che cantava “ com’è triste Venezia, soltanto un anno dopo ”. E se qualcuno, suo malgrado, la pensasse come lui, è solo perché, come diceva Dario Fo, “ non ha ancor visto Monfalcone ”. Personalmente, ancora una volta attingo dall’articolo di Nico Tanzi, resto convinto che: “ da Venezia, - con o senza pass - poco ma sicuro, non si riparte mai senza l’intenzione di tornarci. E di tornarci appena possibile ”. C erto, certissimo, anzi probabile. Dal prossimo anno Venezia diventerà una città chiusa. Da luglio si precisava. Almeno questo era ciò che si scriveva, si leggeva e si sentiva sui, nei e dai vari organi d’informazione. L’anno scorso però. Quest’anno, si scrive si legge si sente lo stesso (ri)tornello. Perché è di nuovo cer- to, certissimo, anzi probabile: dall’anno prossimo Venezia sarà visitabile da un numero circoscritto di persone. Un primato di cui, prima e unica al mon- do, godrà in universale solitudine. Dal consiglio comunale, smentendo temerariamente un noto proverbio cit- tadino (“ legge veneziana non dura una settimana ”) si ufficializza una data: 16 gennaio 2023. Certa? Certissima? O solo probabile? Da quel momento, la città lagunare gra- zie ( ça va sans dire ) ad un city pass , da acquistare ( oh yes ) online tramite l’en- nesima app , previa coatta prenotazione, sarà accessibile a soli (?) 40’000 visitato- ri al giorno. Che dovranno incolonnarsi ai tornelli posti a baluardo fuori Stazione Santa Lucia o sui ponti, che da Piazzale Roma proiettano oltre il Canal Grande e il Rio Novo. E, da qualche parte, all’aero- porto Marco Polo. Le motivazioni sono molte e, in teoria, almeno in parte comprensibili. L’obiet- tivo, sulla carta, è condivisibile: dar vita a un turismo di qualità e scoraggiare quello dei vacanzieri “mordi e fuggi”, che possa proteggere i fragili equilibri della città lagunare. Non vi è dubbio che, per quanto un pal- lido fantasma del fascino di un tempo, Venezia, seducente erede di un passato glorioso e culla di artisti, resta incante- vole e incantata. Potendoselo permet- tere, nessuna esitazione nel concordare conWoody Allen quando afferma che “ è il posto più romantico del mondo, ma ancora meglio quando non c’è nessuno ”. Non c’è città più ammirata, più celebrata, più cantata dai poeti, più desiderata da- gli innamorati, più visitata, più iconica Giangi Cretti Direttore gcretti@ccis.ch

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