La Rivista

delle relazioni realizzata in modi nuovi ma con la costante della cultura della fiducia che continua ad essere una sorta di piattaforma su cui creare nella pratica le nuove modalità di lavoro. Nell’affrontare il tema sulla gestione delle nuove modalità di lavoro deve essere considerato attentamente anche il tema delle nuove generazioni che hanno precise esigenze spesso discordanti dalla cultura dei loro manager. La generazione degli smart worker Già qualche anno fa Google aveva condotto un lavoro molto approfondito su quali fossero i comportamenti chiave dei manager perché rispondessero in maniera efficace ad una popolazione aziendale caratterizzata da giovane età, alta scolarizzazione e competenza, desiderio di crescita ed autonomia. Dopo aver analizzato una quantità impressionante di dati ricavati, tra molte altre fonti, da interviste di separazione, colloqui di valutazione, risultati del premio “manager dell’anno”, definirono che, in ordine crescente di importanza, un leader dovesse contribuire allo sviluppo di carriera dei collaboratori, ascoltare e mettere in comune le informazioni, essere produttivo ed orientato ai risultati, preoccuparsi del successo e del benessere personale dei collaboratori, responsabilizzare il team e non interferire nel quotidiano ed, infine, essere un bravo coach . Venendo ai giorni nostri, la ricerca The Deloitte Global 2021 Millennial and GenZ survey definisce che per i giovani le caratteristiche dei collaboratori più critiche per il successo nel business sono flessibilità, creatività, competenza, empatia, allineamento con i valori dell’azienda e inclusività. La cosiddetta generazione Z, cioè coloro che sono nati dalla metà degli anni 90 ai primi anni 2000, può essere considerata non solo nativa digitale ma anche nativa smart worker perché presumibilmente sin dalle prime esperienze lavorative ha vissuto significativi periodi di lavoro da remoto, tuttavia formula sostanzialmente le stesse richieste in termini di dialogo basato sulla fiducia e sul rispetto reciproco dei colleghi che li hanno preceduti in azienda analizzati da Google. Questo mi sembra molto interessante perché da un lato indica che il lavoro ibrido acuisce una serie di esigenze già esistenti in azienda anche se non emerse del tutto, dall’altro però conferma che la fiducia, anzi la cultura della fiducia è uno strumento indispensabile per la gestione del nuovo contesto in cui ci troviamo. Cultura della fiducia come un vero e proprio criterio di gestione La cultura della fiducia si conferma un vero e proprio criterio di gestione. Vale allora forse la pena di ricordare gli otto comportamenti manageriali che il Professor Paul Zak, direttore e fondatore del Center for Neuroeconomics Studies e docente di Economia, Psicologia e Management raccomanda per creare la cultura della fiducia: La Rivista Cultura d’impresa Quando un team riceve un incarico ben definito, difficile ma raggiungibile lo stress positivo rilascia molecole che aumentano la capacità di focalizzarsi e rafforzano le connessioni sociali. La Rivista · Giugno 2022 26

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