La Rivista

sia l’Ucraina sono inoltre fornitrici di beni agroalimentari per vari Paesi nel mondo, con punte in Nord Africa e Medio Oriente. Il conflitto bellico ha dunque accentuato i rincari, soprat- tutto nell’energia e nell’agroalimen- tare, per via sia dei timori sui riforni- menti dovuti alla guerra in sé, sia dei timori legati a eventuali interruzioni degli scambi a causa delle sanzioni economiche occidentali contro Mo- sca (sanzioni peraltro necessarie, considerando che è la Russia ad aver invaso l’Ucraina). Tutto ciò porterà l’economia mon- diale alla recessione? Non è detto. Certo c’è in questi mesi un rallenta- mento rispetto alle precedenti stime di crescita economica. Ma secondo le maggiori istituzioni economiche internazionali siamo ancora in area crescita. Ricordiamo che una reces- sione tecnica si ha con due trimestri consecutivi con il segno negativo (il che pure non è sicuro che si verifichi, vedremo), ma che una vera e propria recessione è quella che si ha con il segno negativo complessivo per un anno intero. Le previsioni dell’OCSE indicano una crescita mondiale del 3% per quest’an- no e del 2,8% per il prossimo; la Banca mondiale, che pure si è espressa all’i- nizio di giugno, ha indicato una cre- scita del 2,9% per il 2022 e del 3% per il 2023. Le previsioni prevalenti indi- cano dunque ancora crescita, seppure limata. Per la Svizzera, l’OCSE prevede una crescita del 2,5% quest’anno e dell’1,3% il prossimo; la SECO dal canto suo ora prevede rispettivamente 2,8% e 1,6%. Se così andrà, si tratterà co- munque, sia nell’un caso sia nell’altro, di una buona tenuta elvetica, conside- rando il contesto. Resta il fatto che la lotta contro l’in- flazione è necessaria. L’obiezione se- condo cui i rialzi dei tassi di interesse potrebbero portare alla recessione, frenando ulteriormente le economie, non poggia su basi sufficienti. Il rischio di parziali frenate dovute ai tassi in linea di principio c’è, ma il rischio ben maggiore è quello di ar- rivare ad una chiara e ampia caduta, cioè ad una recessione causata pro- prio dell’inflazione alta. Quando sale molto, il rincaro infatti erode inesora- bilmente il potere d’acquisto, creando forti incertezze sia per i consumi sia per gli investimenti. La Confederazione La Banca nazionale svizzera ha annunciato a metà giugno il rialzo del tasso guida sul franco, mossa opportuna, anche se arrivata anch’es- sa con un certo ritardo. La Svizzera come si diceva resta tra i Paesi ad in- flazione più contenuta, ma il rincaro di questa fase è comunque sopra la media elvetica. Non è escluso che al- tri rialzi del tasso guida, come ha det- to la stessa BNS, si rendano necessa- ri, sempre per contrastare l’inflazio- ne. Il fatto che il franco con un tasso di riferimento più alto (o meno basso) possa ulteriormente rafforzarsi ora crea meno problemi. Durante gli anni passati la gran parte delle imprese esportatrici svizzere ha saputo gra- dualmente adattarsi al super franco e l’export elvetico nel complesso ha retto a buoni livelli. Inoltre, un franco forte rende meno cari per la Svizzera gli acquisti di beni esteri e fa, ora più di prima, da barriera contro l’impor- tazione di inflazione. Anche la Svizzera naturalmente deve affrontare le non facili sfide della fase. Dalla sua ha però un sistema Paese in cui i conti pubblici sono nel complesso solidi, in cui il quadro è in sostanza favorevole alle attività d’im- presa e agli scambi economici, in cui il grado di coesione sociale è ancora buono. Per nessuno è facile navigare in acque agitate e nemmeno per la Svizzera può esserlo. Se si evita però di dormire sugli allori e se si punta a mantenere e rafforzare le caratte- ristiche di fondo del sistema Paese, allora si può ancora una volta tenere la rotta, in attesa di minori tensioni geopolitiche ed economiche a livello internazionale. La Rivista Elvetiche Per la Svizzera, l’OCSE prevede una crescita del 2,5% quest’anno e dell’1,3% il prossimo; la SECO dal canto suo ora prevede rispettivamente 2,8% e 1,6%. La Rivista · Giugno 2022 13

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