La Rivista

plessivamente positivo anche per il prossimo anno. Vediamo infatti una crescita intorno al punto e mezzo percentuale. Dalla prospettiva del mercato obbli- gazionario, c’è stato evidentemente un allargamento degli spread che ha fatto seguito agli annunci della BCE, considerando però due fattori. Il pri- mo è che la BCE per ora non ha fatto nulla per contenere gli stessi spread . Forse i tempi sono un po’ prematuri per uno strumento atto a controllare gli spread , ma con tutta probabilità ci si arriverà. Tenuto conto che, in ogni modo, la duration del debito pubblico italiano è mediamente di 7,5 anni, si può rilevare che in realtà l’impatto del rialzo dei tassi sui conti pubblici è per ora tutto sommato ir- risorio. Anche perché (e veniamo al secondo motivo) l’Italia prende i fon- di dal Recovery Fund sia per gli in- vestimenti, sia anche come finanzia- mento. E quindi c’è una componente importante del finanziamento dei prossimi anni che avviene ai tassi dell’UE. Che sono di poco superiori a quelli della Germania per intendersi. In terzo luogo, vi è la dimensione po- litica, perché ci attendono le elezioni all’inizio del 2023: come sempre la parte più divertente. La situazione è molto complessa, ma è meno preoc- cupante rispetto al passato. Per quale motivo? Molto complessa perché i son- daggi, come sempre, non ci danno un quadro molto definito dato che la distanza tra le due coalizioni non è così elevata e quindi non c’è un esito chiaro, anche perché tutta la coali- zione del centro sinistra è dentro al governo, ma quella di centro destra ha un partito che ne è fuori. E quindi quest’ultimo potrebbe beneficiare in qualche modo nei sondaggi con un vantaggio che poi non è replicabile in una vera elezione. Una situazio- ne che contribuisce ad aumentare l’incertezza. A cui se ne sovrappone un’altra, perché in realtà le due co- alizioni al loro interno hanno delle visioni diverse sulla gestione della crisi ucraina. Ci sono spaccature sull’invio delle armi nel centro sinistra e lo stesso avviene nel centro destra, con al- cuni partiti a favore e altri contrari. Anche questo potrebbe avere un’in- fluenza sulla ricerca di intese. Ma- gari aprendo la strada a coalizioni ancora più ampie e inedite. Questo per quanto riguarda la complessità. A mio avviso c’è però il rischio poli- tico che è molto diminuito. Per una ragione: sempre di più la gente è favorevole all’UE e all’euro. Questo fatto emerge in tutti i sondaggi. Se facciamo un confronto sulla base dei dati dell’Eurobarometro che viene testato tutti i mesi, dall’ultimo son- daggio fatto sull’euro nel 2014, risul- ta un aumento della popolarità della moneta unica dell’11%. Ormai una stragrande maggioranza degli ita- liani è a favore della valuta europeo. Tant’è, che nel dibattito politico non fa più storia, anche nella Lega. Nessuno attacca più l’euro o l’UE. Questo è un fenomeno particolar- mente importante nel caso italiano, ma pure altrettanto diffuso in tutta l’Europa. Anche nelle elezioni fran- cesi sia nelle presidenziali che nelle politiche non si parla più di uscire dall’euro. Sicuramente sarà un ar- gomento come sempre ripreso nella campagna elettorale che partirà ad agosto per conquistare la”pancia” della gente, ma nella sostanza credo siano elezioni, probabilmente ca- otiche, però a basso rischio. Molto meno rischiose delle ultime. In Italia magari cambiano i governi, Matteo Ramenghi, Chief Investment Officer UBS Wealth Management Italy (primo a destra), qui ritratto con Luca Pedrotti, direttore regionale Ticino, e Elena Guglielmin Senior Credit Analyst, Chief Investment Office UBS Global Wealth Management. La Rivista · Giugno 2022 8

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